Calabria.MAFIA, ragionare per stereotipi

MAFIA

Calabria.MAFIA, ragionare per stereotipi

MAFIA, ragionare per stereotipi

“Sono migliore della mia reputazione.” È la Calabria a conclamarlo!

Non basta quanto la generosa terra di Calabria, che ha dato in ogni tempo i natali a personaggi illustri in tutti i campi dello scibile umano, abbia contribuito allo sviluppo e al benessere di molti Paesi, ove gli onesti e bravi calabresi sono emigrati offrendo il meglio di se stessi, per togliersi di dosso la nomea di patria di mafiosi o più propriamente di ´dranghetisti.

Attributo, quest’ultimo, dovuto al fatto che, nel Seicento, Carcagnosso, secondo una leggenda, con l’aiuto di San Michele Arcangelo si dirigeva in Calabria dove dava vita alla ‘ndrangheta, mentre Osso, devoto di San Giorgio, si portava in Sicilia e Mastrosso, devoto alla Madonna, in Campania, creando, rispettivamente, la Mafia e la Camorra.

I tre cavalieri erano fuggiti dalla Spagna per non essere giustiziati dopo aver lavato col sangue l’onore di una sorella sedotta.

In effetti nell’accezione originaria ´drangheta è un termine di rispetto e non dispregiativo. Esso deriva dal greco e cioè da andragathos che significa uomo coraggioso, uomo valente. E valenti oltreché onorati erano i tre cavalieri spagnoli sbarcati nel nostro Meridione per fondare, con nobili propositi, tre onorate società.

Che successivamente, durante il periodo di formazione dello Stato unitario, il termine sia stato attribuito indebitamente alle frange brigantesche (per alcuni) e patriottiche (per altri), è tutto un altro discorso.

In sostanza, ´drangheta non è altro che un’etichetta mal riposta sul fenomeno della criminalità organizzata in Calabria.

Chiarito quanto sopra, ci si potrebbe chiedere: a parte la questionata definizione, in realtà, la ´drangata esiste?

Certo che esiste! Intesa genericamente come delinquenza organizzata e radicata non solo in Calabria, ma dappertutto in Italia e nel mondo, anche se con differenti matrici storico-culturali e denominazioni.

Essa fa parte dei quattro poteri che sostanzialmente dirigono l’orchestra del novus ordo mundi (nuovo ordine mondiale): Capitale, Mafia, Politica e Religione. Detti poteri, secondo una corrente di studiosi che analizzano le implicazioni sociopolitiche di una serie di avvenimenti, hanno la forza di condizionare profondamente in ogni dove i poteri istituzionali propriamente detti, ovvero il Legislativo, l’Esecutivo e il Giudiziario.

Se comunque è storicamente vero che nel Meridione si sono sviluppati i primi fenomeni di mafia, a causa di un’arretratezza socio-economica altrimenti nota come “questione meridionale”, è altrettanto vero che essa oramai non si manifesta più con l’anacronistico ed emblematico fucile a canne mozze, ma col sistema della malapolitica, dei comparaggi, degli scambi di favore, dei ricatti, sia da noi che altrove; nel mondo degli affari e nelle Istituzioni.

Oramai non esistono più territori incontaminati!

E ciò perché non assistiamo solo alla globalizzazione delle imprese legali, ma anche a quella delle organizzazioni illecite, che naturalmente non conoscono crisi o recessioni di sorta. Tant’è che non a caso si contano nel mondo prosperi gruppi criminali organizzati di stampo mafioso.

E si badi bene, non si tratta solo di delocalizzazione, ovvero di trasferimento del processo delinquenziale al fine di ottenere maggiore lucro con costi minori, ma di nuove “associazioni” sviluppate, autonomamente, in diversi paesi.

Citiamo ad esempio le Triadi cinesi, la Mafiya russa (uno dei fenomeni che ha maggiormente incuriosito gli osservatori stranieri della Russia post-sovietica per la sua velocità di proliferazione), la Yakuza giapponese, i cartelli latino-americani, la mafia balcanica, turca, nigeriana e così via.

È in questo contesto che non possiamo assolutamente accettare che la delinquenza organizzata, chiamatela come più vi pare, sia “privilegio” esclusivo del nostro Meridione.

È la dolorosa forza del luogo comune, siamo stufi, non ci stiamo!

Se si arresta qualche elemento di un clan calabrese, la notizia fa il giro del mondo, se avviene un colpo di Stato “mafioso” in Africa o in Sudamerica o persino un attentato alla Costituzione, complice il Coronavirus, il mondo tace.

Siamo seri una volta tanto!

È finito il tempo in cui si credeva che la mafia fosse un fenomeno culturale, made in Italy e nel Sud in particolare. Finalmente, dopo anni di studi si è dimostrato che la storia è diversa: non esiste solo la musica dello scacciapensieri, della zampogna e del tamburello, ma anche quella più complessa di moderne orchestre sinfoniche internazionali.

La mafia si produce dove ricorrono le pre-condizioni” – spiega Federico Varese, docente di Criminologia a Oxford e autore del volume “Vita di mafia” (Einaudi).

http://rivistalagazzettaonline.info/articolo/2928/editoriale-luglio-2020

la Gazzetta e' brasiliana diretta da un carissimo amico con cui condividiamo riflessioni e articoli

Varese ha studiato sul campo la criminalità in vari paesi e giunge alla seguente conclusione: “Nessuno può dirsi immune. Nemmeno il Regno Unito della Brexit”, dove i nuovi boss sono autoctoni.

"Calabria terra di mafia e terremoti", bufera sul sito della compagnia britannica, easyJet. Questo il titolo de ilgiornale.it a firma di Valentina Dardari. La descrizione della Calabria come terra di mafiosi e terremoti ha scatenato le reazioni di tutto il mondo politico. In tanti hanno chiesto la rimozione della frase incriminata e le scuse da parte della compagnia britannica. Esse sono arrivate – scrive ancora Dardari.

Ed era giusto che arrivassero, anche, crediamo, per un senso di timore e di dovuto rispetto al fu cavaliere Carcagnosso, che da uomo d’onore avrebbe potuto, ancora una volta, lavare col sangue tale onta.

Ancorché dall’aldilà?

Beh, “Cu si guardau si sarvau” si dice in Calabria (Chi si è guardato si è salvato), non si sa mai!

G.&G. Arnò