Collaboratori di giustizia condannati a morte da uno Stato assente

Collaboratori di giustizia, urge un cambiamento di rotta

Collaboratori di giustizia condannati a morte da uno Stato assente
Michele Placido e Barbara De Rossi nella miniserie capostipite La piovra (1984)

Bonaventura: "colpirne " uno per educarne mille, afferma uno dei collaboratori di giustizia piu' importanti che presenta una delle sciagure del Paese, la lotta alla mafia.

La lotta alla mafia parte dalle denunce di pochi che rischiano per tutti, il coraggio non è da tutti, e va premiato.

In caso contrario si va nella direzione sbagliata, troppi soldi che girano e derivano da un'economia malata contrasta dalla Direzione Investigativa  Antimafia, dalla Guardia di Finanza, Carabinieri, Procure della Repubblica e magistrati coraggiosi, oltre a qualche sindacalista e giornalista.

La loro azione rischia di essere vanificata dall'azione lenta e inefficace di gran parte della politica che si muove secondo logiche di parte e non progetti e programmazione della vita reale del Paese.

Questi collaboratori ( chi partecipa attivamente a un'impresa, per lo più limitatamente alla propria competenza e senza esplicare funzioni direttive, questa è la definizione), una volta che si è stabilito che sono affidabili e in tante inchieste verificato il loro concreto e decisivo apporto a sgominare bande, affililiati, organizzazioni ed episodi veritieri, rimangono per anni in un limbo, nell'attesa di un aiuto.

L'aiuto che serve loro è semplice: il cambio di nome e un lavoro.

Nulla di eccezionale qualcuno potrebbe commentare, eppure le cose semplici non si fanno a causa di calcoli politici: parte della classe politica prende i voti, cioe' il potere anche economico appoggiando o facendo finta di non vedere quanto accade per mantenere le loro poltrone da parecchie migliaia di euro se non  milioni in qualche caso.

L'azione dei corrotti mina la democrazia, perchè le interconnessioni con la parte malata che ha tanti sodi, rischia di contagiare la parte sana dell'economia e della politica che è sempre alla ricerca di finanziamenti e consenso.

Una situazione senza via d'uscita se non promuovono leggi semplici, efficaci e concrete: verificato il contributo effettivo di certe persone, per legge entro 6 mesi si danno documenti e lavoro attinenti alle specifiche competenze.

Non si tratta di un regalo ma del diritto e del riconoscimento che lo Stato, cioè noi tutti, dobbiamo a chi ha lottato e rischia tutti i giorni per la sua incolumità e per noi tutti.

Che facciamo? Giriamo il volto o li aiutiamo ad aiutarci?

Attendiamo le dichiarazioni di chi puo' decidere magari con un decreto legge, se agevolare la vita di queste persone oppure continuare a tergiversare aspettando che siano uccise per poi dare a chi resta una targa, oppure ci muoviamo per riconoscere il diritto a una vita dignitosa di collaboratori e famigliari che vivono nell'incertezza e senza futuro.

Non ci vuole molto: veicoliamo questo messaggio.