Il bandito partigiano
Di Gianfranco Stella
IL SANGUINARIO ESECUTORE DI REGGIO
Quantunque il Reggiano avesse annoverato numerosi partigiani tra i più spietati nella storia della resistenza italiana, vorrei soffermarmi su un o in modo particolare.
La cifra è all'origine di questa scelta, perché i numeri hanno in sé un valore.
Il partigiano di cui parlo aveva ucciso molte persone: malcontati furono trentotto fino alla liberazione e centoundici dopo la liberazione.
Il Pci notandone subito la professionalità lo aveva nominato comandante di "battaglione".
Si chiamava Licinio tedeschi e, col nome di battaglia di "Drago" ma anche con quello di "Marat" uccise a sangue freddo, con un colpo di pistola alla testa o a mani nude, preti, medici, carabinieri, donne, facoltosi imprenditori e anche partigiani.
Dopo la liberazione si era messo a girare la campagna reggiana a bordo di una Lancia senza targa con suoi ex partigiani tra i più sanguinari: Pericle Bagni, Ever Forghieri, Corinto Manghi, Alfredo Cagnolati eccetera.
"Visitava" proprietari di caseifici, salumifici, allevatori e possidenti e ne storceva ingenti somme che divideva col partito.
Il 10 maggio del '45 aveva ucciso il maresciallo dei carabinieri di Brescello, Ugo Prati di 46 anni, che sospettava di lui. I suoi resti vennero alla luce negli anni '60 in una fornace dismessa.
La facilità delle sue imprese era dovuta al terrore che il suo nome cominciava a incutere dopo che i primi imprenditori rifiutatisi di pagare o che avevano minacciato di ricorrere alla polizia alleata, erano stati prelevati e uccisi.
L'ingegner Carlo Garbarino, un vecchio professionista di Poviglio, ad esempio, fu prelevato e seviziato a morte. Del suo corpo non fu trovata traccia.
Tutti finivano col pagare.
E uccise anche la moglie, Giuseppina Cervi, la sera del 3 settembre del '64, simulando un incidente stradale.
L'unico testimone che avrebbe potuto farlo condannare, il benzinaio Nello Ferretti, due giorni prima del processo, dopo aver servito un automobilista da questi si sentì dire: - avete una buona attività e una bella casa accanto. Sarebbe un peccato che andassero distrutte in un incendio.
Il teste ritrattò beccandosi una condanna, ma portò a casa la pelle e i suoi beni. L'ex partigiano fu così assolto per in sufficienza di prove dall'accusa di omicidio volontario e condannato per l'ipotesi colposa.
Dei suoi numerosi quanto brevi arresti ricordo quello del '49 a Vienna mentre tentava di raggiungere la vicina Cecoslovacchia.
Quando il boia morì, nel 1999, a 85 anni, l'Anpi di Reggio lo ricordò come "valoroso combattente della libertà".
Con questo e gli altri scritti, contrari all'egemonia culturale della Sinistra, parafrasando Orwell, compio un atto rivoluzionario!