Scuola. Intervista all’On. Valentina Aprea su ITS Academy
Varesepress ha incontrato l’On. Valentina Aprea a cui tutti noi, indipendentemente dal credo politico, siamo affezionati per le sue competenze e il suo entusiasmo. Parlamentare di Forza Italia e responsabile nazionale del Dipartimento Istruzione del partito, si è laureata con lode presso la facoltà di pedagogia di Bari e a soli 27 anni ha conseguito il titolo di dirigente scolastico. Fin dagli anni ’90 si dedica con passione e nel 1994 aderisce al partito di Berlusconi e viene eletta più volte alla Camera dei deputati, assumendo in quegli anni anche il ruolo di sottosegretario al Ministero dell’istruzione. Numerose sono le sue iniziative e proposte all’interno dell’ambito scolastico. Nel 2012 diviene Assessore all’Istruzione in Lombardia fino al 2018, anno in cui viene eletta nuovamente alla Camera dei deputati nel partito di Forza Italia.
Onorevole Valentina, innanzitutto ti ringrazio per la disponibilità, nonostante i tuoi innumerevoli impegni. Volevo approfondire il tema della riforma degli ITS a cui tu ti sei dedicata con tenacia e passione, riforma che ha riscontrato in Parlamento grande successo in tutti gli schieramenti. Cosa ha spinto te e FI a formulare una proposta per cambiare il regolamento degli ITS?
Noi di Forza Italia avevamo depositato già nel 2018, ad inizio Legislatura, la Pdl 544 a firma Gelmini e mia per indicare al Parlamento la necessità e l’urgenza di intervenire sulle criticità emerse dal 2010 in avanti con riferimento ai percorsi di ITS (Istruzione Tecnica Superiore) che, al di là di alcune eccellenze, non si erano mai trasformati in una vera e propria filiera nazionale tecnologica non accademica. Già allora ci inquietava il basso numero dei diplomati dei nostri ITS (poco più di 2.000 tecnici all’anno) e soprattutto il dato che ben il 64,2% degli iscritti appartenesse a istituti situati nel Nord Italia e solo il 19,1% al Centro e il 16,7% nel Sud e nelle Isole. Nel post Covid tutte queste criticità sono diventate delle vere e proprie emergenze, occorreva dunque un vero e proprio colpo d’ala, che ridefinisse la missione e l’organizzazione dell’intero sistema d’istruzione e formazione tecnica superiore, dando nuovi assetti più efficaci e persino più ambiziosi, con campus e laboratori STEM.
Il successo delle Academy si basa su una rete di solidi rapporti tra le accademie stesse, le PMI e gli enti locali? Come intendete procedere per creare relazioni efficienti tra queste realtà così differenti?
La soluzione sarà lo strumento giuridico che abbiamo individuato per governare gli ITS Academy: la Fondazione di partecipazione pubblico-privata che vede allearsi istituzioni pubbliche (Regioni, enti locali, scuole superiori, università, centri di ricerca e centri d’istruzione e formazione professionale) con imprese o reti d’imprese e parti sociali, per concorrere alla formazione di tecnici 4.0 con riferimento alle filiere tecnologiche di appartenenza. Insomma, una scommessa che pubblico e privato fanno all’interno di un sistema pubblico integrato a favore dell’istruzione tecnica superiore.
Entro quanto tempo pensate che questi centri di alta formazione possano entrare a regime?
Non abbiamo molto tempo. Infatti, la riforma degli ITS rappresenta uno dei 3 pilastri del PNRR, insieme alla trasformazione digitale e a quella ecologica, quindi entro il 2026 dobbiamo aver predisposto questi centri tecnologici avanzati e garantire la formazione di almeno 20.000 tecnici l’anno. Il PNRR destina 1,5 mld per interventi di implementazione in tutte le Regioni per i percorsi ITS.
Certamente il valore aggiunto per i nostri ragazzi è notevole considerando che si intende fornire una formazione mirata e altamente specializzata che renderà molto più semplice la loro introduzione nel mondo del lavoro; che percentuale di successo tu pensi che si possa raggiungere (anche considerando i dati di altre realtà simili presenti in altri paesi) una volta che il meccanismo sarà entrato a regime?
In Italia non partiamo da zero, visto che negli ultimi vent’anni non sono mancati Piani di sviluppo di percorsi di IFTS ma soprattutto di ITS e quindi di specializzazione terziaria più prevalentemente professionalizzante nel primo caso e di specializzazione nelle tecnologie più avanzate, nel secondo caso gli ITS. Non abbiamo, tuttavia, mai realizzato un vero e proprio sistema terziario della filiera tecnologica e professionale, anche se in alcune Regioni di Italia si è registrato, soprattutto negli ultimi 10 anni, un vero e proprio sviluppo di percorsi qualificati nelle aree strategiche dello sviluppo del Paese. Nonostante ciò, l’Italia continua a soffrire il gap molto forte tra ciò che si studia e ciò che serve al mondo produttivo. Siamo il secondo Paese manifatturiero in Europa ma 7 giovani su 10 delle scuole superiori non lo sanno e non scelgono dopo il diploma, un percorso appunto ITS che in due anni garantisce una formazione sul lavoro di alta qualità e che in 8 casi su 10 permette di entrare stabilmente in un mercato sempre più competitivo. In questo senso, c’è innanzitutto un problema di orientamento. L’«higher vet» italiano, insomma, ancora non c’è, anche se dal 2010 è possibile intraprendere un tipo di scuola ad alta specializzazione tecnologica rappresentata dagli ITS. Attualmente le fondazioni si distribuiscono su 6 aree tecnologiche, articolate in una pluralità di ambiti. Il numero più elevato di fondazioni ITS appartiene all’area “Nuove tecnologie per il made in Italy” (36,5% del totale). Gli ITS afferenti all’area tecnologica della mobilità sostenibile risultano presenti con una percentuale del 18,3%, quelli dell’efficienza energetica con un 14,0%; le tecnologie innovative per i beni e le attività culturali con un 12,9%; le tecnologie dell’informazione e della comunicazione con un 10,7%; e gli ITS delle nuove tecnologie della vita con un 7,5%.
La prima criticità che emerge da questi dati è che si scorgono differenze piuttosto forti tra le diverse Regioni nell’implementazione dell’istruzione tecnica superiore. La Lombardia è la Regione che ha promosso il maggiore numero di fondazioni (18), seguita ad una certa distanza da Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto. Nelle altre Regioni, l’istruzione tecnica superiore costituisce una realtà quantitativamente meno rilevante, a fronte di più evidenti bisogni formativi, soprattutto in relazione all’alta percentuale di disoccupazione giovanile e femminile.
Ma ora nel post Covid si deve ripartire dalle cornici nazionali che non sono più sufficienti e che vanno per prime modificate. Dobbiamo, insomma, passare dall’1% ad almeno il 20%, incrementando in modo significativo gli iscritti a questa offerta formativa post secondaria non universitaria professionalizzante, seguendo i modelli appunto delle realtà europee già ben rodate come gli Iut in Francia e le storiche Fachhochschule in Germania, quasi inarrivabili al 35% di iscritti di studenti delle scuole superiori.
I numeri dei tecnici nei Paesi europei sono infatti: oltre 750mila in Germania, oltre 500mila in Francia, oltre 400mila in Spagna, oltre 250mila in Inghilterra. 20 mila diplomati ITS ogni anno deve essere un traguardo minimo da raggiungere perché, a fronte di una disoccupazione giovanile e femminile sempre più crescente (1 giovane su 3 è disoccupato), è paradossale che le nostre aziende non trovino 1 tecnico su 3. E mentre riformiamo questo segmento realizzando un vero e proprio sistema terziario non accademico, dobbiamo rilanciare quelli che si sono rivelati essere i punti di forza degli ITS: il raccordo con il mondo del lavoro e che vede già ora un partenariato delle fondazioni ITS costituito per il 37,4% da imprese ed un coinvolgimento nelle attività di stage, circa 2500 aziende, di cui quasi la metà sono PMI. E ancora, il 69,4% dei docenti ITS proviene da imprese operanti nei singoli settori.
Il raccordo tra i due assi dell’innovazione e dell’education deve produrre un vero e proprio vivaio per lo sviluppo delle professionalità per il manifatturiero avanzato, e caratterizzare i centri come ITS Academy 4.0. Inoltre, i centri tecnologici dovranno costituire anche luoghi di placement per i giovani in uscita da questi percorsi. La legge punta proprio per questo ad esasperare e stressare quasi, il coinvolgimento delle imprese per dare molto più spazio e potere vocazionale alle aziende. Insomma, gli ITS Academy saranno quel luogo in cui non saranno definiti una volta e per sempre i percorsi di formazione ma dove sarà l’innovazione a suggerirne di nuovi.
Meno burocrazia, più innovazione, più occupazione, più occupabilità, soprattutto più laboratori didattici innovativi STEM per il raccordo con le imprese e per appassionare i giovani a quella che sarà la tecnologia di oggi e di domani e quindi arrivare a formare le competenze per la FABBRICA INTELLIGENTE. In questo senso, gli ITS Academy devono diventare dei veri propri luoghi di Open Innovation dove le imprese e centri di ricerca mirano a generare nuove idee di impresa, partendo da contesti formativi.
Nel tuo intervento alla Camera parli di criticità da risolvere prima di avviare il nuovo processo degli ITS Academy, quali sono le maggiori e come pensate di superarle?
Le criticità che abbiamo affrontato nella predisposizione della legge di Riforma hanno riguardato i seguenti punti:
- Rebranding: trasformazione degli ITS in ITS Academy modificando l’acronimo ITS ad indicare che la formazione dei tecnici del futuro deve considerare adeguatamente l’impatto delle nuove tecnologie
sull’occupazione: per i lavori di domani non saranno più sufficienti qualifiche e titoli di studio, ma servirà formare lavoratori competenti e smart, capaci di interpretare i cambiamenti e di governare il progresso delle tecnologie.
- Governance: a 10 anni di distanza andava modificata la governance e la natura (sempre più privatistica) delle fondazioni ITS Academy perché non fosse più la burocrazia ministeriale a decidere i percorsi ma l’innovazione a suggerirne di nuovi e per questo andava promosso un capovolgimento di equilibri tra i soggetti promotori dei percorsi nella governance degli stessi.
- Investimenti: occorre investire su tutti i territori ad alta vocazione industriale per rispondere alla domanda di professionalità proveniente dal mercato del lavoro prevedendo almeno 100 Centri Tecnologici Avanzati (ITS Academy) per il conseguimento delle qualifiche professionali 4.0 per il Made in Italy, secondo gli standard europei e per sviluppare su binari paralleli i temi dell’innovazione e della formazione.
- Occupabilità: l’occupazione dei ragazzi formati negli ITS negli ultimi anni si attesta sempre intorno all’80% dei diplomati, proprio perché rispondono ad un bisogno reale delle imprese cogliendo le tendenze lavorative nelle diverse traiettorie della grande trasformazione digitale in atto. Per queste ragioni, gli ITS Academy dovranno essere anche luoghi di placement per i giovani in uscita da questi percorsi.
- Spendibilità del titolo: gli ITS Academy devono poter offrire contratti di apprendistato formativo e anche contratti di apprendistato della ricerca dove ci siano aziende che chiedano di attivare percorsi di ricerca che consentiranno il trasferimento tecnologico dagli istituti alle aziende. Agli ITS Academy può essere affidata la finalità anche di formare le nuove figure dei settori più avanzati come i big data o quella parte della filiera sanitaria che prevede le applicazioni dell’intelligenza artificiale. In ogni caso i titoli conseguiti negli ITS Academy devono poter avere una spendibilità regionale, nazionale ed europea.
- Prosecuzione degli studi ed equipollenze: andava rafforzato il riconoscimento di equipollenze dei percorsi di studi effettuati negli ITS Academy (prevalentemente di durata biennale), prevedendo anche la qualifica di secondo livello equivalente ad una laurea professionalizzante di durata triennale e comunque prevedere la possibilità della prosecuzione degli studi in verticale (Lauree Magistrali e Dottorati di Ricerca).
Una domanda un po’ personale: come ti sei sentita quando la proposta da voi formulata è stata approvata all’unanimità, cosa che non accade così spesso in Parlamento?
Una grandissima gioia, una soddisfazione enorme, che mi ha ripagato di tutte le difficoltà che ho dovuto superare perché la legge trovasse l’accordo in Parlamento di tutte forze politiche ma soprattutto affinché venisse condivisa dagli altri soggetti istituzionali coinvolti: le Regioni, le imprese, il sistema ITS attualmente funzionante e le parti sociali. In ogni caso, il voto all’unanimità è stato un segnalo bello e forte che l’Aula di Montecitorio ha lanciato al Paese rispetto ad un’emergenza formativa ed occupazionale che merita le giuste risposte ed in tempi brevi dalla Politica. Ora tocca al Senato fare presto per rilanciare la “palla” al Ministero e al Governo per l’attuazione della legge.