Oms sulle strategie di contrasto alla violenza e agli infortuni tra i rifugiati e i migranti
Presentazione Guida Oms sulle strategie di contrasto
alla violenza e agli infortuni tra i rifugiati e i migranti
Si è svolta presso l’auditorium del Ministero della la conferenza stampa di presentazione della Guida tecnica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulle “Strategie e gli interventi per la prevenzione e la risposta alla violenza e agli infortuni tra i rifugiati e i migranti”. Il documento è stato elaborato dall’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (Inmp), in qualità di Centro collaboratore dell’Oms, con il contributo dell’Ufficio regionale Oms per l’Europa.
La Guida delinea i fenomeni della violenza e degli infortuni tra i rifugiati e i migranti al momento della partenza, del viaggio e dell’arrivo in uno dei Paesi della regione europea dell’Oms, riportando una serie di buone pratiche già esistenti all’interno della regione. Tali dati sono stati poi classificati e organizzati per l’elaborazione di opzioni sulle politiche (non solo sanitarie) da intraprendere per prevenire e contrastare la violenza e gli infortuni in questi gruppi di popolazione.
Gianfranco Costanzo, direttore sanitario dell’Inmp, ha presentato i temi della Guida tecnica, chiarendo in premessa che “il documento si riferisce alla descrizione del fenomeno nei 53 Stati membri della regione europea dell’Oms e, nel caso dell’Italia, molte condizioni di criticità descritte non sono fortunatamente riscontrabili, avendo il nostro Paese da tempo provveduto ad assicurare, dal punto di vista sia legislativo sia attuativo, una maggiore tutela dei diritti umani dei rifugiati e dei migranti”. Costanzo ha poi illustrato due case study inseriti nella pubblicazione che coinvolgono direttamente l’Istituto. “Grazie al Ministero della Salute, l’Inmp promuove da più di due anni un modello clinico-sociale per l’emersione precoce degli atti di violenza sulle donne immigrate basato principalmente sulla valutazione delle componenti psicologiche della relazione e della richiesta implicita d’aiuto - ha spiegato il direttore -. La rete con il privato sociale e con le organizzazioni antitratta si è dimostrata il punto vincente per la gestione delle persone vittime di tratta e grave sfruttamento, anche sul luogo di lavoro. Inoltre, partecipa attivamente ai corridoi di evacuazione dei rifugiati dalle carceri libiche, organizzati da Unhcr e Ministero dell’Interno. Dare voce alle vittime e sostenerle nel percorso della denuncia e del recupero dell’integrità psico-fisica è quindi imperativo categorico dei servizi pubblici, non solo di quelli che si occupano di salute”.
“Tra gli esempi virtuosi del governo italiano si annoverano certamente le linee guida sulla salute mentale dei rifugiati vittime di violenza rilasciate nel 2017 dal Ministero della Salute - ha evidenziato il direttore del Coordinamento scientifico dell’Inmp Andrea Cavani -, che definiscono le procedure adatte a gestire le fragilità psichiche degli immigrati una volta giunti nel nostro Paese, ma anche il protocollo per l’accertamento dell’età anagrafica del minore straniero non accompagnato, elaborato da Inmp e Ministero della Salute che è all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni, così come la legge contro il caporalato del 2016. Restano tuttavia alcune azioni da perseguire con particolare impegno, tra cui quelle relative alle politiche per il monitoraggio del fenomeno attraverso una cooperazione rafforzata tra il pubblico e il terzo settore ma anche azioni proattive per l’emersione precoce delle violenze, come la formazione per gli operatori sociali e sanitari e la previsione di percorsi protetti, anche di tipo legale”.
Nel proseguire i lavori, Santino Severoni, direttore del Programma globale sulla salute e sulla migrazione dell’Oms, ha sottolineato che “c’è un bisogno urgente di occuparsi del fenomeno della migrazione a tutti i livelli per contribuire allo sviluppo della salute globale” e che “è fondamentale investire nella ricerca e nella condivisione di dati per supportare il lavoro dei governi”. In questo senso, ha affermato Jozef Bartovic, referente per la regione europea dell’Oms, in collegamento da Copenaghen: “La presente Guida tecnica rappresenta uno strumento importante per i decisori politici basato sulle evidenze attuali, sulle conoscenze a nostra disposizione e sulle migliori pratiche già attuate da alcuni governi, che possono fungere da stimolo per fare meglio”.
La conclusione della conferenza è stata affidata alla sottosegretaria di Stato alla Salute Sandra Zampa. “Compito prioritario della politica è rendere visibili quanti, migranti o rifugiati, si trovano in una condizione di fragilità sociale e per questa ragione ad alto rischio di violenza e di sfruttamento – ha dichiarato Zampa -. In Italia la task force anti caporalato dei Carabinieri ha identificato nel solo ultimo anno oltre 1800 lavoratori sfruttati, di cui quasi il 90 per cento di origine straniera e la metà dei quali impiegati in agricoltura. La legge, pur necessaria, non è sufficiente a combattere il caporalato. Serve anche e soprattutto uno sforzo culturale che garantisca a tutti, senza esclusioni, la conoscenza degli strumenti normativi utili a tutelarsi dal rischio di abusi e sfruttamento. Occorre, inoltre, diffondere e far crescere nel Paese la consapevolezza che il rispetto dei diritti delle persone, a cominciare da quelle più indifese, è una garanzia di legalità per tutti. L’emersione dall’illegalità in ogni sua forma è un presidio di civiltà e di sicurezza individuale e collettiva: dobbiamo perseguire i colpevoli e non le vittime alle quali, invece, va garantita assistenza e protezione proprio perché si sentano parte di un processo di cambiamento virtuoso in grado di contrastare i circuiti criminali organizzati sia nazionali che internazionali. La guida tecnica dell’Oms a cura dell’Inmp è un contributo prezioso per andare in questa direzione”.
Sono oltre 70 milioni le persone sfollate in tutto il mondo a causa di persecuzioni, conflitti e violenza. Un dato che nel 2019 ha raggiunto il massimo dalla seconda guerra mondiale. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha riferito che i 49 Paesi della propria regione europea alla fine del 2018 hanno ospitato più di 6,47 milioni di rifugiati, oltre 1,24 milioni di richiedenti asilo, 2,71 milioni di sfollati interni e più di 0,5 milioni di apolidi.
Tra i rischi evidenziati per i rifugiati e i migranti ci sono gli infortuni involontari (ad esempio, incidenti stradali e in mare) e quelli riferibili a lesioni intenzionali. Queste ultime possono derivare da violenza intrapersonale, auto-diretta e collettiva, tra cui la tratta, la tortura, la violenza sessuale e di genere e lo sfruttamento sul lavoro. Gli incidenti violenti possono verificarsi prima della partenza, durante il transito e a destinazione.
In generale, in tutta la regione europea dell'Oms sono già in vigore molte leggi e regolamenti per la prevenzione della violenza e la protezione dei gruppi vulnerabili. Tuttavia, i problemi spesso derivano dalla mancanza di consapevolezza dei singoli meccanismi legislativi o dalla loro mancata applicazione.
La Guida identifica cinque aree chiave prioritarie di intervento per rispondere in modo efficace e prevenire la violenza e gli infortuni in questi gruppi di popolazione: garantire un passaggio sicuro per la migrazione; affrontare le cause della violenza e degli infortuni nei paesi di transito e di destinazione; identificare le vittime e fornire assistenza e protezione; indagare e perseguire i colpevoli; rafforzare la base di conoscenza.
Nella pubblicazione si rileva, inoltre, che la portata del problema rischia di essere sottovalutata a causa del volume degli spostamenti, dell'invisibilità di molte delle forme di violenza e dei feriti così come delle varie barriere che ostacolano l'identificazione e la denuncia di tali casi. Ciò include le violenze e le discriminazioni di matrice razziale e religiosa, e quelle perpetrate dalle autorità governative. Gli esperti insistono, infine, che tutti i Paesi, non solo gli Stati costieri, dovrebbero lavorare per rafforzare i sistemi di indagine per quanto riguarda i dispersi in transito e il recupero dei morti.