Michele Sindona, la storia e la fine, P2, Cosa Nostra e i Gambino

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Michele Sindona, la storia e la fine, P2, Cosa Nostra e i Gambino
Michele Sindona

Michele Sindona, nato a Patti l'8 maggio 1920, morto a Voghera il 22 marzo 1986, faccendiere, banchiere e a contatto con la Loggia P2, con Cosa Nostra e la famiglia Gambino negli Usa, mandante dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli. morì avvelenato da un caffè al cianuro di potassio mentre era detenuto nel supercarcere di Voghera,

Figlio di un fioraio napoletano e una casalinga siciliana, studia dai gesuiti, lavora fino da ragazzo per mantenersi
agli studi, dattilografo, contabile e impiegato alle imposte a Messina.
Non era uno qualunque, nel 1942 si laureò in Giurisprudenza a Messina con la tesi su  Il Principe di Niccolò Machiavelli.

Nel 1946 si trasferisce a Miano  come commercialista per società quali la Società generale immobiliare e la Snia Viscosa.

Il salto nella finanza avviene  negli anni Sessanta, Sindona importa a Piazza Affari gli strumenti di Wall Streetofferte pubbliche di acquisto (OPA), conglomerateprivate equity. Diventa fiscalista e amico di Joe Adonis, legato a Lucky Luciano e alla famiglia Genovese.

La sua abilità e ingegno nel settore viene però seguita oltreoceano: nel  1967 l'Interpol statunitense segnala Sindona come implicato nel riciclaggio di denaro sporco proveniente dal traffico di stupefacenti, per via dei suoi legami con personaggi degli ambienti di Cosa nostra americana, tra cui Daniel Porco.

Nel 1971 gli affari presero una brutta piega in seguito al fallimento dell'OPA sulla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali (Bastogi Finanziaria) con l'opposizione di Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca.

L'errore di Sindona, forse pensando di non poter essere fermato visti i suoi agganci, fu di avere di fronte avversari
molto importanti nella finanza laica ( mentre si dice lui fosse appoggiato dal Vaticano).
Sindona spingeva cercando di scalare BNL e Italcementi (pacchetto di maggioranza di Bastogi, controllo della RAS  e quote della Montedison di Eugenio Cefis), andando a intaccare il potere di Cuccia.
Le cordate erano economiche e politiche: cattolici andreottiani come Flaminio Piccoli e Amintore Fanfani,
e finanza laica con Mariano Rumor, Emilio Colombo e Ugo La Malfa.

Si sa però che nella finanza ci sono periodi di salita ed altri di rapida discesa: nel 1972 arriva a controllare 
la Franklin National Bank di Long Island (tra le prime in America) e una banca concorrente di Mediobanca, accorpando  altre banche come la Finabank di Ginevra e la Continental Illinois di Chicago.

Divenne così importante nell'economia che Andreotti scese in campo per ringraziarlo come "salvatore della lira"  e 
"uomo dell'anno ", riconoscimento di John Volpe, ambasciatore americano in Italia.

Il crollo del mercato azionario porta al cosiddetto "crack Sindona" con il fallimento della Banca Privata Italiana L'8 ottobre 1974 la Franklin National Bank viene dichiarata insolvente per frode e cattiva gestione, a causa delle speculazioni in valuta straniera e a una pessima politica di gestione dei prestiti.

Le perdite ingenti lo fecero mettere sotto accusa sia in America, per il fallimento della Franklin Bank che in Italia, 
chiese senza riuscirci l'estradizione per la bancarotta della Banca Privata Italiana.
Neli Usa le procedure erano lente e Sindona faceva il latitante in hotel a New York.
In Italia si scatenò il panico e il governatore della Banca d'Italia, Guido Carli fece il possibile per tutelare i risparmiatori. Emerse la contabilità in nero che toccò 
numerosi enti di diritto pubblico o con funzione pubblica quali l'INPDAI, I'INA, l'INPS, l'INAIL, la Finmeccanica, l'Italcasse di Giuseppe Arcaini, la GESCAL di Franco Briatico, l'Ente Minerario Siciliano di Graziano Verzotto e molti altri affidavano i loro depositi alle banche di Sindona; dai tassi d'interesse in "nero" applicati a tali depositi scaturivano tangenti e provvigioni per corrompere amministratori e uomini politici[37][38][12]; il fallimento della Banca Privata Italiana indusse la Banca d'Italia, nel 1974, a nominare un commissario liquidatore (wikipedia).

La complessa e intricata vicenda sugli affari di Sindona finì nelle mani dell'Avv.Giorgio Ambrosoli, che fu oggetto 
di pressioni pesanti e finì per essere liquidata la banca di Sindona.
Gli americani procedevano nelle indagini tramite anche l'FBI e venne arrestato uno dei principali collaboratori di 
Sindona, Carlo Bordoni, che diventò presto uno dei suoi accusatori.
In America si accertarono trasferimenti (1974) di due mila miliardi di lire alla Democrazia Cristiana dalla Franklin Bank
e il SID del generale Vito Miceli, per finanziare 21 uomini politici italiani.

Sindona cercò di salvare la Banca Privata Italiana tramire Licio Gelli e l'On.Andreotti, salvataggio rifiutato 
a Mario Sarcinelli, vice direttore della Banca d'Italia.
Altro tentativo di salvataggio della sua banca, altro fallimento, pure Roberto Calvi disse di no a Sindona.
E la mafia direte?
Sindona riciclava il denaro del boss americano John Gambino e  i boss Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo e Rosario Spatola investivano il loro denaro sporco in società finanziarie e immobiliari estere[46]: lo affermò nel corso del processo Andreotti, nell'udienza del 4 novembre 1996, il collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia.

Sindona ha sempre negato ogni addebito sulla mafia:

nell' intervista concessa al giornalista Nick Tosches, Sindona negò il suo ruolo di riciclatore della mafia: «Come sai le mie banche italiane erano istituti di prim'ordine con soci di prim'ordine. La Banca Privata Italiana era una banca dell'aristocrazia. La mafia invece si serve sempre di istituti e professionisti di second'ordine. (...) In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca in Piazza dei Mercanti (la Banca Rasini[48].

L'11 luglio 1979 Ambrosoli venne ucciso con quattro colpi di pistola dal malavitoso americano William Joseph Aricò, che aveva ricevuto l'incarico da Sindona stesso attraverso il suo complice Robert Venetucci (un trafficante di eroina legato a Cosa nostra americana

Sindona negò di essre il mandante dell'uccisione di Ambrosoli, accusando Carlo Bordoni.

Nel 1979 Sindona con pasaporto falso andò in Sicilia per trovare appoggi politici e salvare la sua banca, con pressioni  su Andreotti, Enrico Cuccia e altri politici, con l'aiuto di Licio Gelli e dei mafiosi John Gambino, Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo.

Missione fallita in Italia, rientrò in America: 1980, Sindona venne condannato[55] negli Stati Uniti per 65 accuse, tra cui frodespergiuro, false dichiarazioni bancarie ed appropriazione indebita di fondi bancari; la sua difesa era assicurata da uno dei principali avvocati americani, Ivan Fisher[56]. Il tribunale federale di Manhattan, oltre alla pena detentiva per 25 anni di carcere[57], multò Sindona per 207 000 dollari.

L'Italia richiese l'estradizione e  il 25 settembre 1984 Sindona rientrò in Italia e fu ristretto nel carcere di Voghera.

Comincia la parabola discendente: Il 16 marzo 1985 Sindona venne condannato a 12 anni di prigione per frode, Il 18 marzo 1986 fu condannato all'ergastolo quale mandante dell'omicidio Ambrosoli.

Morì nel carcere di Voghera per avvelenamento, bevve un caffè al cianuro di potassio  nel supercarcere (????) di Voghera.

Le ipotesi sull'avvelenamento sono diverse: o cercò di avvelenarsi da solo e rientrare negli Stati Uniti, oppure stando a quello da lui detto agli agenti della polizia penitenziaria gridò: «Mi hanno avvelenato!».

Nel 2010, Giulio Andreotti riportava un giudizio positivo su Sindona: «Io cercavo di vedere con obiettività. Non sono mai stato sindoniano, non ho mai creduto che fosse il diavolo in persona. Il fatto che si occupasse sul piano internazionale dimostrava una competenza economico finanziaria che gli dava in mano una carta che altri non avevano. Se non c'erano motivi di ostilità, non si poteva che parlarne bene»[70]

Le stranezze continuano: AMBROSOLI SE L'ANDAVA A CERCARE' - "Non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo, è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando". Lo dice Giulio Andreotti a proposito dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli, l'avvocato che si occupò della liquidazione dell'impero di Michele Sindona e che fu ucciso da un suo sicario l'11 luglio del 1979. (ANSA)

Il 23 luglio 1987 la magistratura di Pavia archivierà la morte di Sindona.

In un supercarcere può succedere anche questo?

Quella mattina Sindona decide invece di entrare nel piccolo bagno annesso alla cella. Porta con sé
solo il bicchierino di carta in cui dal thermos ha versato il caffè e le cinque bustine di zucchero.
Da questo momento nessuno degli agenti di custodia può vedere ciò che Sindona sta facendo in
bagno. Da questo momento in poi non esistono testimonianze sugli ultimi istanti di Sindona. Tutto
ciò che segue è stato ricostruito, usando il metodo induttivo, dall’inchiesta giudiziaria.

Altra ipotesi: il procuratore capo Francesco De Socio pronuncia il primo verdetto ufficiale. Ancora approssimativo, ma è la conferma di quello che i medici hanno sospettato fin dal primo momento. "Non abbiamo ancora la certezza - dice il magistrato - ma il nostro primo pensiero è corso alle camere a gas americane. L'unica sostanza che può aver
provocato questi effetti è il cianuro". 

In questi casi misteriosi si nota sempre una concomitanza di interessi mafioso-economico-politici, come se tutta la regia fosse predisposta da un gruppo di potere che decide tutto  su tutti, la CUPOLA o altro?

Di sicuro l'eventuale verità di Sindona faceva paura a poltici e non solo, settori deviati di tutti i generi, e a livello internazionale.