Si al vaccino tra mille dubbi

Nulla osta dall’Ema e dalla Ue. Parte l’operazione di sanità pubblica più complessa del secolo Si al vaccino tra mille dubbi

Si al vaccino tra mille dubbi

Nulla osta dall’Ema e dalla Ue. Parte l’operazione di sanità pubblica più complessa del secolo

Si al vaccino tra mille dubbi

Ė fatta. Dopo l’autorizzazione condizionale dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, arrivata nella giornata del 21 dicembre anche la Ue ha dato parere favorevole per l’immissione in commercio del vaccino anti Covid della multinazionale Pfizer nei 27 Paesi associati. C’è quel termine in più, “condizionale” a chiarire che nonostante le acclarate certezze sulla sicurezza e l'efficacia del prodotto e il rapporto vincente tra rischi e benefici a favore di questi ultimi, si procederà a colmare il gap di conoscenze che pure è notevole, durante la fase post-autorizzativa. In sintesi: una scommessa per difendere la salute dei cittadini europei, messa a dura prova dal coronavirus del quale, proprio nello stesso giorno dell’annuncio dell’ok al vaccino, è stata ampliata la notizia della variante britannica, già conosciuta da tempo e su cui si dice che l’antidoto abbia comunque efficacia. Se dalla parte istituzionale e comunicativa le esortazioni all’immunizzazione sono ridondanti, dall’altra i dubbi dei cittadini sono numerosi. Da un sondaggio Ipsos emerge che il 42% degli italiani vorrebbe aspettare per ricevere la puntura sul deltoide e saperne di più. Tra gli stessi operatori sanitari, che di scienza qualcosa ne masticano, ci sono i più scettici e molti sono gli interrogativi che nascono su quella che si annuncia come la più grande operazione sanitaria del secolo. Ci sono problemi organizzativi e di logistica. Il prodotto necessita di una particolare conservazione a  temperatura di meno 80 gradi per poi essere prelevato con grande cautela, miscelato, agitato con particolare accortezza prima della somministrazione. Il 27 dicembre è stata assunta come data simbolica di inizio del complesso processo e non è un caso. Il giorno cade di domenica e rappresenta la cifra dei Paesi affratellati nella grande compagine europea. Al momento, è stata fornita una tempistica di massima sull’ordine di precedenza di coloro a cui toccherà la dose della miracolosa fiala più il richiamo dopo 21 giorni. Per primi gli operatori sanitari, poi gli anziani ricoverati in Rsa, quindi gli ultraottantenni, poi i lavoratori esposti al pubblico e via via tutti gli altri, dai 50-60enni in buona salute e le persone anche giovani affette da una patologia cronica. Entro il prossimo autunno, secondo le previsioni, dovrebbe essere coperto dall’immunizzazione il 70% della popolazione residente in Italia, arrivando alla agognata “immunità di gregge”. Ma quali notizie abbiamo su coloro che l’infezione da Sars-CoV2 l’hanno già superata? E quanto durerà l’immunità garantita al 95% dall’inoculazione dell’antidoto? E ancora: come comportarsi con le donne in stato di gravidanza e con le persone soggette a reazioni allergiche? Come tutte le novità, anche quella introdotta dalla Pfizer si porta dietro numerosi quesiti. Ci si chiede inoltre se i vaccinati e i guariti possano prima o poi tornare a un regime di vita normale, considerato che i primi dovranno comunque aspettare circa un mese tra prima iniezione, richiamo e attesa della settimana di sicurezza per lo sviluppo di anticorpi mentre per i graziati dal morbo non c’è ancora alcuna certezza sulla possibilità di reinfezione. E veniamo alle dolenti note degli aspetti organizzativi, in un Paese che certo non ha brillato quale esempio di velocità ed efficienza nelle forniture per contrastare l’epidemia e soprattutto, ha fallito nella campagna di vaccinazione antinfluenzale, con ritardi notevoli nelle dotazioni degli antidoti in tutte le Regioni italiane. La procedura di arrivo dell’anti Covid si preannuncia complessa e delicata. In Italia dovrebbero arrivare 202 milioni di dosi da sei aziende farmaceutiche diverse: AstraZeneca, Pfizer-Biontech, Johnson&Johnson, Sanofi-Gsk, CureVac e Moderna. Il nostro Paese, in seguito ad accordi siglati in ambito Ue ha diritto al 13,5% del totale delle dosi previste, incluse quelle per i richiami. Non disponendo di informazioni precise sulla durata della copertura immunitaria, risulta impossibile stimare quante volte sarà necessario ricorrere al vaccino in un determinato lasso di tempo. Un vero rebus. Come non si hanno informazioni sulla possibilità di istituire una anagrafe vaccinale e sulle modalità di tracciamento degli immunizzati, obbligatorie secondo disposizioni degli enti di controllo scientifico. Al momento si ignora il modo in cui verranno chiamati all’adempimento i cittadini al di fuori delle categorie protette, non c’è alcun coinvolgimento dei medici di famiglia né dei dipartimenti di prevenzione delle Asl ma sicuramente le aziende sanitare dovranno prima o poi provvedere. Altro argomento spinoso e non chiarito, la spesa affrontata dalla Ue nei confronti delle case produttrici. Una cortina di silenzio, in cui l’unica rassicurazione è data dal controllo sulla congruità dei prezzi da parte della Corte dei conti europea ma, anche in questo caso, per il vaglio delle cifre versate alle multinazionali del farmaco “ci vuole tempo”.