Sanità, il disagio degli operatori contagiati, racconto di Giorgio Arca

Si segnala anche la carenza di divise, obbligo dell’azienda la corretta e costante fornitura

Sanità, il disagio degli operatori contagiati, racconto di Giorgio Arca
infermiere

Non avevamo dubbi sulla pronta risposta dell'azienda essendo essa tanto attenta all'opinione pubblica e particolarmente sensibile all'aspetto “social”.

lo è a tal punto da zittire immediatamente chiunque faccia un commento personale non gradito (se pur questo non metta in cattiva luce l’azienda) su Facebook, VareseNews, o qualsiasi altra piattaforma, ammonendo personalmente il singolo, spesso attraverso il DAPSS (Dipartimento Aziendale delle Professioni Sanitarie e Sociali). Di esempi in merito ne abbiamo a decine soprattutto negli ultimi periodi, motivo per il quale si preferisce mantenere l'anonimato. Tutto ciò dimostra il fatto che malcontento e malessere lavorativo non fanno parte di una frangia ridotta, come vorrebbe far credere l'azienda per ovvi motivi di immagine e non solo, bensì sono sentimenti comuni e condivisi insiti ormai da anni in ogni piano del monoblocco e nelle diverse figure professionali.

Analizziamo ora i vari punti contestati dall’azienda.

Il costo del parcheggio è stato addebitato e ogni singolo dipendente si è dovuto adoperare per ottenere lo storno della cifra trattenuta sullo stipendio, successivamente concessa dall’azienda.

Questo perché erano state inviate delle mail a dir poco fuorvianti sul fatto che i dipendenti potessero parcheggiare gratuitamente durante il periodo COVID; ricordiamo che il parcheggio multipiano e quello all’interno dell’ospedale vecchio sono a pagamento e quelli più lontani ma gratuiti, AVIS e San Michele del Carso, non hanno una capienza sufficiente per il numero di dipendenti.

 Per quanto riguarda gli alloggi ricavati all'interno del vecchio ospedale nella ex nefrologia e messi a disposizione di alcuni infermieri, sicuramente è da apprezzare lo sforzo fatto dall'azienda, ma definirli “alloggi” sembra un po' eccessivo viste le dimensioni e la mancanza di servizi essenziali quali ad esempio la cucina. Sistemazioni assegnate, tra l’altro, a personale assunto con contratti co.co.co, scaduti da poco e rinnovati solo fino al 31 luglio. E dopo tale data? I reparti già in crisi per mancanza di personale si verranno a trovare in condizioni ancora più critiche.

 La convenzione invece con gli hotel per fare soggiornare quei dipendenti che non potevano fare rientro nelle proprie abitazioni è stata appunto introdotta dalla regione Lombardia e non dall'azienda.

Quali sono i temi affrontati e risolti ad oggi da parte dell'azienda e dei sindacati? Ancora se lo chiedono in molti.

In merito alla scelta della modalità di TURNAZIONE in periodo COVID si può affermare che non è stato consultato preliminarmente alcun personale di nessun reparto, tanto è vero che l'azienda ha emesso un ordine di servizio con una data di inizio ma non una data di fine obbligando a cambiare la turnazione. I turni erano di 12 ore e così composti: 7-19, 19-7 smonto notte, riposo e così via. Risulta difficile pensare come possa risultare gradito il mantenimento di tale turnazione ad emergenza terminata, se non forse e solo per alcuni, con il giusto numero di riposi garantiti.

Questo per evitare che, come accaduto in periodo Covid, le ore di lavoro mensili aumentino in maniera considerevole. Ad oggi non risulta essere stata formulata alcuna richiesta formale per tornare alla tanto amata turnazione precedente, anche perché difficile se non impossibile da attuare vista la mancanza numerica del personale necessario.

Per quanto riguarda gli STRAORDINARI, come già detto, la turnazione imposta implicava un surplus di ore mensili che ad oggi non sono ancora state pagate (inizio emergenza covid: marzo 2020!) sebbene  sia già noto che verranno pagate (si spera e non si sa quando) secondo le modalità previste dalla legge Sirchia.

Altra beffa che i lavoratori hanno scoperto nell’ultima busta paga riguarda il mancato PAGAMENTO dell’ INDENNITÀ SUI 3 TURNI. Infatti si sapeva che ovviamente ci sarebbe stata riconosciuta (essendo noi stati obbligati a fare 2 turni di 12 ore) ma non si sa se per colpa dell'azienda o dei sindacati le ratifiche inerenti elargizioni economiche tardano sempre ad arrivare o vengono proprio omesse come in questo caso.

POSTI LETTO: di fronte all'affermazione virgoletta attualmente la dotazione di posti letto è adeguata alle esigenze del pronto soccorso " non possiamo che usare le vostre parole: "appare inoltre stupefacente una così scarsa conoscenza "della situazione in esame. Si è tornati da tempo ad avere pazienti che stazionano in Pronto Soccorso fino a 4/5 giorni. Anche in questi ultimi giorni ci risulta che il Pronto Soccorso abbia dovuto fermare l'afflusso di ambulanze per mancanza di barelle. Da tempo ormai i pazienti allettati sono tornati ad occupare le postazioni del periodo pre covid (quando non era previsto il distanziamento sociale). Ci pare strano che chi ha risposto non sia a conoscenza di quello che vivono quotidianamente i cittadini che si recano in pronto soccorso: fin oltre 50 le barelle sistemate nelle sale e nei corridoi del Pronto Soccorso oltre ai pazienti in carrozzina e a quelli deambulanti. Come è possibile garantire così il distanziamento sociale considerando anche gli spazi ridotti da lavori strutturali e modifiche organizzative per fare fronte all’emergenza COVID?

Affermare inoltre che il tempo medio di permanenza in pronto soccorso nel 2020 si è ridotto in modo significativo suona come un'affermazione denigratoria nei confronti dei cittadini e dei professionisti. Infatti i tempi medi di permanenza sono falsati dal periodo di emergenza covid durante il quale i pazienti che si rivolgevano al pronto soccorso erano drasticamente diminuiti ed i ricoveri giornalieri erano in numero irrisorio rispetto ad oggi.

Appare stupefacente che l’azienda consideri "aggiornamento informativo" l'invio di un unico video di pochi minuti riguardante l'utilizzo dei DPI a inizio emergenza, facendo firmare ogni dipendente la presa visione di tale video per togliersi furbescamente ogni tipo di responsabilità in merito. Anche per quanto riguarda la metodica di esecuzione del tampone rinofaringeo, quest'ultima riservata in quella fase solo a un ristretto gruppo di personale dedicato l’azienda ha adottato la stessa tipologia di istruzioni. Ciò va nettamente in contrasto con le indicazioni dell’ ISS (istituto superiore di sanità) il quale raccomanda che il personale deve essere adeguatamente istruito ed informato in merito alle procedure da attuare per l’emergenza COVID ( vestizione e svestizione, allestimento di zone filtro, materiale e prodotti idonei per la sanificazione, ecc)

Il responsabile del CIO (comitato infezioni ospedaliere) come nessun altro referente di questo organo, si è mai visto nei rispettivi reparti, né ha mai dato indicazioni e istruzioni esaustive in merito. Si può affermare con cognizione di causa che si è stati mandati letteralmente allo sbaraglio.

Forse chi ha risposto non era a conoscenza del fatto che i magazzini dell’azienda fossero pressoché vuoti e che si è garantito un livello minimo di protezione dettato esclusivamente dalla buona volontà e dal sacrificio del personale sanitario. In particolare un doveroso plauso deve essere rivolto a quegli infermieri che hanno indossato anche per 9 ore consecutive le dotazioni di sicurezza, per salvaguardarele ed utilizzarne il minor numero possibile, contrariamente a quanto indicato dall’Istituto Superiore di Sanità che impone come tempo massima di utilizzo 4-6 ore. Inoltre fino al 30 aprile in tutto il Pronto Soccorso (ad eccezione delle aree dedicate ai pazienti covid positivi) si utilizzavano semplici mascherine chirurgiche sebbene le evidenze scientifiche prevedessero già da tempo l'utilizzo almeno di maschere FFP2.

Contrariamente a quanto dichiarato dall'azienda, nel nostro ospedale vi è stato un numero decisamente considerevole di operatori contagiati in proporzione ai pazienti COVID + ricoverati. Fortunatamente la quantità dei malati è stata ben diversa da realtà come, per esempio, quella di Bergamo, Pavia, Cremona, Piacenza o Milano.

Potremmo discutere anche sulla qualità, sulle certificazioni spesso non presenti e sulla provenienza ignota delle varie mascherine, ma inutile dilungarsi su aspetti che per mesi sono stati sotto gli occhi di migliaia di dipendenti dell’ASST.

Si segnala anche la carenza di divise, obbligo dell’azienda la corretta e costante fornitura, non solo per quanto riguarda l’aspetto nominale, (era stata inviata una mail nella quale l’azienda garantiva l’approvvigionamento ma non l’assegnazione individuare) bensì anche per quanto concerne la disponibilità di tutte le taglie. Infatti spesso c’è stata la totale mancanza di alcune taglie in tutti i reparti e il personale ha dovuto lavorare con divise molto più strette o molto più larghe. Questa situazione sussiste tutt’ora a emergenza terminata.

Non si comprende inoltre il senso formativo della newsletter inviata sull'email aziedale, considerando che tale newsletter è in realtà una rassegna stampa di articoli pubblicati prevalentemente su quotidiani locali, assolutamente non di carattere scientifico e mirata prevalentemente alla pubblicizzazione dell'azieda stessa. A conferma di ciò, la rivolta dei dipendenti che hanno in massa richiesto (con scarsi risultati) l'annullamento di tale newsletter in quanto considerata quantomeno poco utile.

La modalità di comunicazione scelta potrà anche essere stata anacronistica ma sicuramente più efficace rispetto a quelle consuete usate negli ultimi anni visti gli scarsi risultati ottenuti, compresi gli incontri sindacali. Ecco spiegata anche la metodologia adottata. Sarebbe comunque utile ed interessante capire lo schieramento delle varie sigle sindacali in un momento di bisogno come questo per tutto il personale sanitario.

Pensiamo faccia parte dell' onestà intellettuale e dell’intelligenza professionale di ogni lavoratore di questa azienda il fatto di poter far conoscere ai cittadini la REALE quotidianità e la VERA situazione che contraddistingue  l’ospedale di Varese, che ricordiamo essere un bene comune della cittadinanza. Ricordiamo infine che noi mettiamo sempre al primo posto il BENE DEL MALATO, curandolo, assistendolo e cercando di soddisfare nel miglior modo possibile i suoi bisogni; questa è la priorità che contraddistingue NOI INFERMIERI.