Il bisogno di contemplazione
Di Antonino Salsone
“Contemplazione” è una delle parole e delle pratiche che la società contemporanea più considera estranee e non coerenti con i suoi ritmi ed esigenze, poichè sempre meno avvezza a nutrirsi di parole e di gesti nati dalla fecondità del silenzio.
Contemplare significa volgere lo sguardo verso il creato e cercare di comprenderne la potenza e anche l’intimità essenziale.
Contemplare significa volgere lo sguardo verso la propria interiorità e riflettere su un comportamento, su un gesto, su una parola.
La contemplazione è la forma più alta della vita intellettuale e spirituale dell’Uomo e chi la pratica giunge alla condizione di interpretare e vivere il proprio templum in modo intenso e prolungato e sopratutto di vivere consapevolmente la propria storia personale e quella della comunità in cui vive.
La contemplazione ha tanti meriti ed effetti formidabili, ma quello che mi
piace evidenziare è la sua impareggiabile capacità di congiungere in modo virtuoso e indissolubile le virtù della saggezza, della bellezza e della forza.
E la considerazione più significativa è che la pratica della contemplazione è dono esclusivo dell’Uomo, che la può perseguire solo con sacrificio e attraversando il mare profondo e scuro dello stato di silenzio, in cui la sola voce che sente è quella del suo Io interiore.
Come sarebbe bello ed utile passare da una società ululante, sguaiata, fondata sulla mera forma ad una società edificata sulla sostanza dei valori, autenticamente contemplatrice o, almeno, che pensa maturando nel silenzio.