Palermo, i Carabinieri smantellano il clan di Borgo Vecchio

La prima fase dell’inchiesta che ha portato alle 14 denuncie risale al 12 ottobre dello scorso anno, quando era stato individuato in Angelo Monti il nuovo reggente della “famiglia” di Borgo Vecchio

Palermo, i Carabinieri smantellano il clan di Borgo Vecchio

 SMANTELLATO DAI CC A PALERMO

IL CLAN MAFIOSO DI BORGO VECCHIO

Sant’Anna, la Patrona del rione Borgo Vecchio a Palermo, non ne poteva più di essere “sfruttata” dal mandamento mafioso del quartiere ed ha “organizzato”, tramite i carabinieri, le indagini che hanno portato ad quattordici denuncie, soltanto per una, però, al protagonista si sono aperte le porte del carcere. Altri undici, infatti, sono agli arresti domiciliari mentre per l’ultimo è scatto l’obbligo di presentazione quotidiani negli uffici di polizia giudiziaria. Per tutti, i reati di cui sono accusati e avallati dalla Procura palermitana, sono concorso esterno ad associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione, estorsione consumate e tentate. Il tutto con l’aggravante del metodo mafioso e dello sfruttamento della prostituzione.

La prima fase dell’inchiesta che ha portato alle 14 denuncie risale al 12 ottobre dello scorso anno, quando era stato individuato in Angelo Monti il nuovo reggente della “famiglia” di Borgo Vecchio. Angelo Monti, secondo gli inquirenti, aveva riorganizzato gli assetti della “famiglia, affidando incarichi di estrema sua fiducia, nei vari rami dell’attività di quartiere, al fratello Girolamo Monti, a Giuseppe Gambino, a Salvatore Guarino,e ad Jari Massimiliano Ingarao.

Le attività interessate alla “famiglia”, secondo gli inquirenti, erano la gestione delle feste patronali, l’organizzazione del traffico di stupefacenti funzionale allìecconomia del clan, la gestione dei gruppi dediti al furto di veicoli e motoveicoli varie ai conseguenti “cavalli di ritorno”, cioè i guadagni che si ricavavano se l’oggeto rubato veniva “riscatto” dal derubato.

Inoltre il cla era dedito, all’occorrenza, a fare, con i suoi esponenti maggiori, da “paciere nelle eventuali dispute tra famiglie mafiose.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, sono state le “attenzioni” dedicate a Sant’Anna, la Patrona del quartiere. Il clan, infatti, sempre secondo gli inquirenti, faceva man bassa di ogni attività che ruotava attorno alla festa, dal 26 al 28 luglio di ogni anno: dall’assegnazione dei posti di vendita agli ambulanti (dai quali ricavava una percentuale sui guadagni) ai cantanti, rigorosamente neomelodici, che avrebbero dovuto allietare le serate (anche qui si occupavano degli ingaggi, con relative prebende), al “pizzo” che chiedevano e riscuotevano dai commercianti locali durante la festa per “contribuire alle spese dei familiari dei carcerati” e per contribuire all’ingaggio dei cantanti. Il tutto era facile in quanto il “comitato della festa” era gestito proprio da personaggi del clan.

E non poteva mancare il traffico di sostanze stupefanti, gestito dal nipote del capo clan, Massimiliano Ingarao, che aveva organizzato una funzionale rete di spacciatori, anche all’esterno del quartiere, malgrado si trovasse agli arresti domiciliari. Tutto questo, come detto, fino a quando Sant’Anna non ne ha potuto più ed ha oportato i carabinieri a fermare i fratelli, Gabriele, Danilo e Marilena Torregrossa, Carmelo Cangemi, Francesco Paolo Cinà, Saverio D’Amico, Davide Di Salvo, Giuseppe Pietro Colantonio, Salvatore la Vardera, Francesco Mezzatesta, Giuseppe D’Angelo, Nicolo Di Michele, Gaspare Giardina, Gianluca Altieri e Vincenzo Marino.

Per tutti sono scattati la denuncia, un arresto in carcere, 11 arresti domiciliari e un obbligo quotidiano di firma.

E Sant’Anna, se il clan non riuscirà a riorganizzarsi in tempo, ringrazia. Ma non solo Lei.

gam