Emergenza sanità, aggressioni al personale
Assistiamo all’ennesima scelta politica di un Governo che spera di limitare il bollettino di guerra quotidiano delle aggressioni al personale sanitario con provvedimenti tampone. L’ inasprimento delle pene e la procedibilità d’ufficio non faranno abbassare i toni e le mani a chi continuerà a veder leso il proprio diritto alla Salute a causa di tagli perpetrati da anni a risorse e personale – dichiarano dal Direttivo Nazionale ULS-Unione Lavoratori Sanità –.
Gli operatori sanitari speravano nelle tutele riconosciute dalla qualifica di pubblico ufficiale, status riconosciuto a portalettere, capotreni e insegnanti di scuole pubbliche ma non a medici, infermieri e il restante personale sanitario, tra l’altro con il benestare della Consulta delle professioni sanitarie e socio sanitarie. D’altronde se si dovesse pensare di fermare atti violenti, aggressioni verbali e fisiche con il codice penale appeso nelle corsie o nei Pronto Soccorso, ci si scontrerebbe con la realtà un tantino diversa che affrontano i Lavoratori del Servizio Sanitario Nazionale da 10 anni a questa parte. La realtà – sostiene il Sindacato autonomo ULS – è quella insostenibile che ben conosce chi deve dare risposte ai bisogni di una popolazione sempre più anziana con dati alla mano che fanno rabbrividire. Meno 40 mila posti letto ospedalieri e meno 35 mila unità di personale in dieci anni a questa parte. La chiusura di quasi 200 ospedali e 1000 presidi di specialistica ambulatoriale in una decade hanno depauperato drasticamente l’offerta sanitaria ai cittadini. Il risultato, sebbene esemplificato a volte sotto spinte di cambiamenti culturali in peggio, è invece un livello di esasperazione della popolazione che trova ingiustificato sfogo contro coloro i quali sono vittime anch’esse di anni di tagli e riconversioni inutili dettate dalla spending review e dal D.M. 70/2015. Non tutte le fasce di reddito però possono comprendere a fondo lo stato di esasperazione che scaturisce in violenza quando, per opportunità consolidate, ci si trova su una barella di un pronto soccorso in attesa di un posto letto. O quando per prenotare un esame diagnostico tramite Cup le cifre dei mesi di attesa sono doppie.
Non riteniamo che improvvisamente ci sia stato una virata sociale violenta della popolazione italiana contro gli operatori sanitari, rei unicamente di essere pochi, stremati, mal pagati e con sempre meno posti letto a disposizione. Invitiamo le forze in campo – concludono dal Direttivo Nazionale ULS– ad affrontare il problema in un’ottica obiettiva, senza pannicelli caldi che non scoraggeranno nessuno da attuare comportamenti aggressivi o peggio ancora violenti verso chi, in condizioni di estrema difficoltà, si impegna tutti i giorni a garantire con i fatti quanto stabilito dall’ art. 32 della nostra Costituzione.