Malasanita', risarcimento di 420mila euro per decesso dovuto a ritardi
Esito soddisfacente per il complesso caso di malpractice che ha riconosciuto la responsabilità medica di un’importante azienda ospedaliera del Nord Ovest.
Poteva essere evitato il decesso del paziente, un ancora energico padre di famiglia di 75 anni, che nel 2018 era stato ricoverato in una nota azienda ospedaliera del Nord Ovest per un dolore addominale diffuso.
Il dolore, originato da un’ernia residuata all’esito di un precedente trattamento chirurgico, era andato progressivamente peggiorando e aveva richiesto un nuovo intervento per evitare la necrosi di un tratto intestinale.
L’uomo, dopo una breve permanenza in terapia intensiva, torna in reparto ma le sue condizioni non migliorano come dovrebbero, fino all’insorgere di un blocco intestinale che rende evidente la necessità di procedere con la chirurgia d’urgenza. Ma l’intervento viene rinviato, sia per difformità di opinioni tra chirurgo e anestesista sia per la difficoltà di allestire la sala operatoria nel fine settimana.
Una decisione che è risultata fatale per il paziente, le cui condizioni hanno continuato ad aggravarsi, peggiorate dall’insorgere di un’infezione batterica, fino al decesso dopo poco tempo.
Una vicenda che avrebbe potuto risolversi diversamente e che ha dato avvio a un iter processuale terminato con il risarcimento di 420mila euro ai familiari della vittima, affiancati dalla consulenza legale dell’avv. Gabriele Chiarini, Managing Partner dello Studio Legale Chiarini specializzato in medmal.
“Fin dal principio abbiamo riconosciuto i sintomi di un possibile errore medico in ambito chirurgico – racconta l’avv. Chiarini – Innanzitutto, le condizioni originali del paziente che presentava un serio quadro addominale occlusivo, documentato dagli esami strumentali eseguiti, che fu sottovalutato e trascurato; a cui si aggiunse una grave infezione batterica insorta durante il suo ricovero in ospedale. Se gli interventi fossero stati più solleciti e tempestivi, il paziente avrebbe avuto ottime probabilità di guarigione, superiori al 50%, e un’aspettativa di vita paragonabile a quella attesa per uomini italiani di pari età”.
La via stragiudiziale tentata in prima istanza non ha prodotto risultati utili in tempi ragionevoli e ha reso necessario il ricorso per accertamento tecnico preventivo, con il supporto medico-legale e specialistico, come imposto dall’art. 8 della legge Gelli per le domande di risarcimento danni da responsabilità medica. I consulenti nominati dal Tribunale hanno infine confermato il ritardo nel trattamento chirurgico che ha determinato il decesso portando alla soluzione conciliativa della vertenza con il raggiungimento di un accordo tra le parti.
“Siamo soddisfatti dell’esito di questo complesso caso, che può contribuire ad alleviare in parte la sofferenza e lo sconvolgimento dei familiari per la perdita del loro congiunto – aggiunge l’avv. Chiarini – Per nostra esperienza, e come conferma anche l’ultimo report MedMal di Marsh, gli errori e i ritardi in ambito chirurgico rappresentano la prima tipologia di eventi avversi nelle denunce di malpractice e generano il 37% di tutti i sinistri. Mitigarne l’incidenza deve essere una priorità e riconoscere l’errore può essere il primo passo per imparare a non ripeterlo in futuro. Per questa ragione è necessario incentivare una nuova cultura dell’errore, che abbandoni il facile percorso della colpevolizzazione e abbracci quello della responsabilità, di cui dovrebbero farsi carico direttamente le strutture sanitarie senza coinvolgere i singoli medici, così come accade in altri ambiti, ad esempio quello scolastico”.