Caso Shalabayeva: condannato a 5 anni l’attuale questore di Palermo Cortese e il capo della Polfer Improta
Nel 2013 Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, fu espulsa dall'Italia insieme alla figlia per poi farvi rientro alla fine dello stesso anno dopo mesi di ferocissime polemiche.
Nel 2013 Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, fu espulsa dall'Italia insieme alla figlia per poi farvi rientro alla fine dello stesso anno dopo mesi di ferocissime polemiche.
La sentenza di condanna emessa dai giudici del Tribunale di Perugia è stata più dura di quanto aveva richiesto la Procura.
Per Renato Cortese attuale questore di Palermo (allora capo della Mobile) e per Maurizio Improta (allora responsabile dell’ufficio immigrazione) oltre alla condanna a cinque anni (la procura ne aveva richiesti poco più di due) è stata decisa anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.Alma Shalabayeva è la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov e nel 2013 fu espulsa dall’Italia insieme alla figlia Alua di sei anni per poi rientrare alla fine dello stesso anno dopo mesi di feroci polemiche.
Sono stati condannati a cinque anni anche i funzionari della mobile Francesco Stampacchia e Luca Armeni, mentre gli agenti in servizio all’Ufficio immigrazione Stefano Leoni e Vincenzo Tramma sono stati condannati rispettivamente a tre anni e sei mesi di reclusione e quattro anni e il giudice di pace Stefania Lavore è stata condannata alla pena di due anni e sei mesi.
A tutti gli imputati, esclusa la Stefania Lavore, è stato riconosciuto il sequestro di persona mentre per una decina di capi di imputazione (dal falso ideologico, all’abuso e all’omissione di atti d’ufficio) è stata decisa l’assoluzione.
Nel maggio del 2013 Alma e Aula Shalabayeva furono prelevate dalla polizia dalla loro casa di Casalpalocco durante un'irruzione mirata a scovare Mukhrat Ablyazov, rispettivamente marito e padre.
A seguito di un velocissimo iter giuridico-amministrativo la donna e la figlia furono caricate di forza su un aereo privato messo a disposizione dalle stesse autorità di Astana con l’accusa di possesso di passaporto falso.
Tale vicenda diede seguito a feroci polemiche che portarono alle dimissioni dell’allora capo di gabinetto del Ministero dell’Interno Giuseppe Procaccini che, secondo le ricostruzioni, avrebbe incontrato l’ambasciatore kazako Andrin Yelemessov per parlare dell’oppositore Ablyazov e alla presentazione di una mozione di fiducia (respinta dal Parlamento) verso l’allora Ministro degli interni Angelino Alfano.
La Shalabayeva e la figlia fecero poi ritorno in Italia alla vigilia di Natale.
Nella ricostruzione della procura gli agenti della Mobile ingannarono i colleghi dell’Ufficio immigrazione della Capitale e i magistrati che diedero il via libera all’espulsione e ci sarebbe stata anche la falsificazione dei documenti per velocizzare la procedura.