Borgo Mezzanone: caporalato e braccianti sfruttati

Sfruttamento di braccianti costretti a lavorare anche 16 ore al giorno, dieci misure cautelari personali e otto aziende sottoposte a controllo giudiziario.  

Borgo Mezzanone: caporalato e braccianti sfruttati
Borgo Mezzanone: caporalato e braccianti sfruttati
Borgo Mezzanone: caporalato e braccianti sfruttati

Sfruttamento di braccianti costretti a lavorare anche 16 ore al giorno, dieci misure cautelari personali e otto aziende sottoposte a controllo giudiziario.  

Il caso riguarda molti braccianti extracomunitari provenienti dall’Africa, impiegati a lavorare nelle campagne della Capitanata, tutti “residenti” nella nota baraccopoli di Borgo Mezzanone (in cui sono accampate duemila persone che vivono in precarie condizioni igienico-sanitarie e in forte stato di bisogno).  

Le indagini condotte dai carabinieri di Manfredonia e dell’ispettorato del lavoro di Foggia coordinate dalla Procura della Repubblica di Foggia hanno preso spunto dalla drammatica situazione d'illegalità radicata nelle campagne del foggiano ed evidenziata nella quotidiana attività di controllo del territorio.

I braccianti, perlopiù giovani e disposti a lavorare anche in condizioni di evidente sfruttamento per qualche spicciolo, vengono quotidianamente spostati su furgoni illegalmente modificati che permettevano il trasporto di 20/25 persone alla volta

I Carabinieri hanno rilevato che i giovani africani venivano prelevati dalla baraccopoli di Borgo Mezzanone e da lì trasportati nelle vicine campagne di Stornara (FG) per lavorare nei campi sotto il controllo dei caporali.

L’indagine è stata denominata “Principi e Caporali” e da luglio a ottobre 2020, avvalendosi di servizi di osservazione, controllo e pedinamento, oltre alle intercettazioni telefoniche, ha permesso di cristallizzare il sistema di selezione e reclutamento della manodopera messo in piedi dai proprietari delle aziende incriminate, padre e due figli, che con stretti e fidati collaboratori, italiani e non, avevano messo in piedi un apparato “quasi perfetto”, che andava dall’individuazione della forza lavoro al reclutamento della stessa, fino al pagamento  che ovviamente non rispettava le retribuzione stabilite per quel tipo di lavoro.

Ai dieci indagati, di cui due in carcere, due ai domiciliari è stata contestato, a vario titolo, l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.

Contestualmente l’Autorità giudiziaria ha sequestrato beni per dieci milioni di euro e sottoposto a controllo giudiziario aziende che fatturano sei milioni di euro annui.