Strage di Portella della ginestra, Stato e Mafia assieme?

la storia del bandito Giuliano, con nomi importanti impronunciabili

Segreti di Stato - Strage di Portella della ginestra, in una delle tante ricostruzioni possibili con una trama avvincente.

Nel corso del processo alla banda di Salvatore Giuliano per la strage di Portella della Ginestra (svoltosi a Viterbo nel 1951) un avvocato non del tutto convinto dei risultati dell'inchiesta, decide di condurre segretamente una propria indagine. Partendo da un piccolo particolare - il calibro delle pallottole estratte dai corpi delle vittime - l'avvocato, dopo aver ascoltato nuovi testimoni in Sicilia e aver esaminato il luogo della strage, giunge a un'ipotesi totalmente differente dalla versione ufficiale.

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Il "bandito" Giuliano, le cui gesta sono ancora narrate con libri, film, documentari e video, a causa del segreto di stato sulla strage della ginestra, per coprire chi?

Nella foto sopra, il nipote, Giuseppe Sciortino Giuliano.

Uomini politici importanti, servizi segreti americani, mafia e settori della DC e della Chiesa secondo alcune ricostruzioni che dimostrerebbero quanti fossero gli interessi di tipo politico che hanno determinato la strage addossata a Salvatore Giuliano.

Un mito per alcuni, un brigante per altri, ma la verità della famiglia spinge sulla tesi del complotto, ordito da americani, democratistiani e mafiosi, per fermare l'avanzata della sinistra in Sicilia.

Quale interesse e motivo avrebbe avuto Giuliano, secondo la ricostruzione del nipote, Giuseppe Sciortino Giuliano da noi sentito in un audio telefonico ( in versione integrale come nostra consuetudine) senza tagli o censure, a sparare su conterranei, amici e parenti?

Ci sono le pallottole recuperate dai corpi degli uccisi e dai feriti, che dimostrerrebbero senza ombra di dubbio, che non furono gli uomini di Giuliano a uccidere, e anche parti metalliche delle granate non in uso alla sua banda, che sono  a favore della sua tesi, come argomentato nel video proposto.

La notorietà di Giuliano e la sua appartenenza all'EVIS, il braccio armato del Movimento Indipendentista Siciliano attivo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, sarebbero stati alla base del complotto per eliminarlo, infangando il suo nome, con eccidi che furono commessi da altri.

Mito e leggenda di cui si era invaghito (secondo alcuni)  della giornalista svedese, Maria Cyliacus, che si recò più volte a intervistare il bandito: il vero nome Maria Lamby Karintelka; in realtà era una spia al servizio dell'intelligence degli USA, operante da tempo in Italia e forse incaricata di trattare col bandito per conto della CIA.

La mano e i contatti con gli americani furono vari, come quelli del giornalista statunitense Michael Stern: il bandito consegnò all'inviato una lettera per il presidente Harry Truman, in cui chiedeva aiuti e armi per l'indipendenza della Sicilia, proponendo un'annessione agli Stati Uniti d'America.

Un intreccio perverso e non semplice da decifrare con servizi segreti e infiltrati, uno tal Ferreri su cui c'è stata pure interrograzione parlamentare, martedì 15 luglio 1947, il cui file è scaricabile, sed185nc_5725.pdf:

I colpi di scena, le allusioni e i misteri ci sono anche nei rapporti tra Giuliano e l'onorevole Mario Scelba, citato in una lettera inviata da Giuliano al quotidiano L'Unità nel 1948[3][10],

tanto clamore che il Ministero dell'Interno decise la soppressione dell'Ispettorato generale di polizia in Sicilia e costituì il "Comando forze repressione banditismo.

Pure la morte di Giuliano, è stata messa in discussione,  L'Europeo Tommaso Besozzi pubblicò un'inchiesta sull'uccisione di Giuliano dal titolo Di sicuro c'è solo che è morto.

Pisciotta divenne confidente del Comando forze repressione banditismo (che gli fornì una tessera di riconoscimento che gli permetteva di circolare liberamente) e Giuliano fu da lui ucciso nel sonno nella casa di Castelvetrano dove si nascondeva; il cadavere sarebbe poi stato trasportato nel cortile della casa stessa, dove gli uomini del colonnello Luca e del capitano Perenze inscenarono una sparatoria per permettere a Pisciotta di fuggire e continuare così la sua opera di confidente sotto copertura.[3] Successivamente nel 1954 Pisciotta fu avvelenato nel carcere dell'Ucciardone dopo aver bevuto del caffè con della stricnina.[3] (wikipedia).

Libri, interviste, servizi deviati, mafia, politica e chissà ancora quali retroscena inconfessabili di uno Stato, quello italiano, che prima o poi, dovrà accollarsi l'onere della verità, per restituire dignità agli innocenti e stabilire colpe e responsabilità.

Nel nostro piccolo diamo conto ai lettori delle voci certe come quelle del nipote, che ha raccontato la sua verità che nasce in una regione con grandi risorse e cultura, distrutta da certi rapporti poco chiari tra mafia e politica che ancora emergono.

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