Roma. Quote di genere, la vicenda del Liceo Talete
la vicenda del Liceo Talete
La recente vicenda del Liceo Talete a Roma, ha ovviamente dato origine a polemiche sulle quote di genere. In parole semplici per accedere ad una classe con indirizzo matematico, avevano fatto domanda 31 maschi e 15 femmine; per l'ammissione si è quindi deciso per un sorteggio nel rispetto dei numeri e del genere, riservando il 70% delle quote ai maschi e il 30% alle femmine.
Sembra, sa quanto fa capire la stampa, che la specializzazione a cui si chiedeva l'ammissione, sia particolarmente ambita e, del resto, è ovvio che una buona base matematica è indispensabile per accedere a facoltà quali ingegneria, informatica, medicina, economia. Quelle che offrono maggiori possibilità di accesso al mondo del lavoro.
E' stato giusto procedere al sorteggio per accedere a questa classe? Siamo sicuri che sia ‚"politicamente corretto?"
Probabilmente il sistema è ingiusto perché un simile sorteggio non garantisce una vera e completa rappresentatività. Perché limitarsi a quote rosa e celesti? Sarebbe stato opportuno che fosse garantita, sempre in maniera proporzionale, una rappresentanza della comunità LGBT (magari con un rappresentante per ogni categoria), per evitare accuse di discriminazione sessista. La direzione del liceo avrebbe dovuto anche garantire la presenza di extracomunitari, scegliendo almeno un alunno per ogni continente e credo religioso; il sistema ideale per evitare un'accusa di voler favorire solo, ad esempio, i cristiani. Oggi non puoi non garantire la presenza di almeno un musulmano, indù, ebreo, buddista.
Ma la discriminazione più grave il Talete l'ha posta a carico dei ragazzi con le lentiggini, i capelli rossi e gli occhiali. In ogni scuola ne abbiamo visti sempre, almeno uno che, a causa del suo aspetto, ha subìto atti di bullismo e, peggio ancora, se si trattava di una ragazza doveva anche subire il grave affronto di non essere invitata a ballare.
Ho dimenticato qualcuno? Forse i vegetariano, i vegani, i terrapiattisti. Ed oggi più che mai è inconcepibile negare la presenza nelle classi di un figlio di novax per permettere ai suoi genitori di portare il loro verbo. Oggi il politically correct impone che non si possano fare discriminazioni. Del resto lo dice la nostra Costituzione: il rispetto delle minoranze è un nostro dovere che, dette minoranze, ci ricordano sempre è il contraltare del loro diritto. E i diritti non si toccano.
In tutto ciò, battute di spirito a parte, resta però quella che è la peggiore e più grave delle discriminazioni: quella del merito.
Ci siamo chiesti, in questo caso specifico, se nel settanta per cento di maschi e trenta di donne, vi siano i migliori? Ovviamente no. Così come non vi può essere certezza di merito quando si pretende che in qualsiasi organismo, associazione, ente, debba essere per forza, ad ogni garantita una rappresentanza che non si basa sulle conoscenze, la competenza, le capacità, ma solo quella di essere uomo o donna o un'inclinazione sessuale?
Rispetto di tutti e di ogni scelta sì; va bene. E' segno di civiltà ed educazione. Ma pretendere che per svolgere un'attività, assumere una funzione, essere eletto ad una carica, debba prevalere il sesso, la religione o qualsiasi altro elemento che non sia il merito, è aberrante e rappresenta una pesante zavorra non solo, in questo caso, di una classe scolastica, ma di qualsiasi altro gruppo o organismo rappresentativo. Un passo avanti nel livellamento verso il basso.
Avv. Gianni Dell'Aiuto