Restiamo umani ma soprattutto responsabili
La madre di Joseph ammesso e non concesso che scappasse da una guerra, no ha forse esposto a rischi assai gravi il neonato che portava con se?
Settimana scorsa, un bimbo di sei mesi, è morto durante l'ennesima traversata del Mediterraneo. Insieme alla madre e ad altri clandestini, è stato imbarcato su un gommone che, nel tentativo di attraversare il Canale di Sicilia, è naufragato a largo delle coste libiche e solo l'arrivo di una nave dell' o.n.g. Open Arms, ha fatto si che non vi fossero altre vittime.
Ora, molti dicono che queste persone scappano da guerre ma, per la cronaca, il piccolo Joseph, proveniva dalla Guinea e, guarda caso, il governo di Conakry, al momento, non è impegnato in nessun conflitto. Ma anche se fosse il contrario, è giusto anche ricordare che la Guinea confina anche con il Senegal, la Liberia, la Sierra Leone, la Costa d'Avorio, che non sono afflitti da nessuna guerra, pertanto, per logica e come avviene realmente in casi di guerra, i profughi cercano riparo in luoghi sicuri e facilmente raggiungibili, come del resto fecero coloro che fuggirono dalle guerre civili che insanguinarono Liberia e Sierra Leone tra la fine degli anni '80 e gli inizi del 2000, che trovarono asilo, guarda un po', in Guinea. Pertanto la domanda sorge spontanea: da quale guerra fuggiva la madre di Joseph?
La madre di Joseph ammesso e non concesso che scappasse da una guerra, no ha forse esposto a rischi assai gravi il neonato che portava con se? Pensiamoci bene: ha raggiunto la Libia e per arrivare dalla Guinea fino alle coste libiche, qualunque strada avesse percorso, ha messo in serio pericolo la vita di Joseph. Mettiamo il caso che abbia attraversato il Mali, un territorio in cui stanno riprendendo le ostilità tra il governo centrale e le milizie islamiche, ha attraversato il deserto del Sahara per poi arrivare in Libia, Paese in cui la situazione non è delle migliori, per imbarcarsi su un natante poco sicuro, a novembre, per avventurarsi in mare aperto e per di più ingrossato dalle onde. Ma mettiamo anche che abbia evitato il Mali e avesse allungato la strada attraversando la Guinea Bissau ed il Senegal per poi optare o per la Mauritania ed il Sahara Occidentale, oppure per l'attraversamento del deserto e approdare in Libia, o addirittura seguire le coste dell'Africa Occidentale fino a Tripoli; ultima opzione, attraversare il Burkina Faso ed il Niger, quindi per l'ennesima volta si sarebbe dovuta esporre ad alti rischi di vita.
Fatto sta che qualsiasi strada avesse seguito, sia per questioni climatiche sia per questioni politiche, la madre di Joseph ha messo in serio pericolo di vita se stessa e chi l'accompagnava.
Gran parte dei Paesi che la madre di Joseph avrebbe ipoteticamente attraversato, visto che il teletrasporto non è stato ancora inventato, per arrivare in Libia, sono considerati a rischio, ad esclusione della Guinea, della Liberia, della Sierra Leone, della Costa d'Avorio e del Senegal e a dichiararlo per iscritto è il Ministero degli Esteri italiano.
Ora, se fosse andata in Costa d'Avorio, che è uno stato africano in pieno sviluppo economico, avrebbe abbattuto in toto, o almeno in parte, i rischi sia per sé stessa che per il suo bambino, pertanto la colpa della morte di quest'anima innocente, non è da attribuirsi ad un'inesistente guerra in corso in Guinea e neanche ad una presunta siccità, se consideriamo il fatto che in Guinea vi sono le sorgenti di uno dei fiumi più importanti dell'Africa dopo il Nilo, ossia il Niger e vive grazie all'agricoltura. La causa di questa morte tragica e prematura potrebbe imputarsi all'irresponsabilità materna e all'incentivazione delle partenze da parte del sedicente governo italiano e delle o.n.g. che trafficano nuovi schiavi nel Mediterraneo?
La causa di questa tragica e prematura morte, si sarebbe potuta evitare se le partenze dalle coste libiche o tunisine fossero state bloccate?
Se un genitore mettesse su un natante insicuro, sovraffollato, in pieno autunno e col mare assai mosso, un neonato e se in questo viaggio il bimbo perdesse la vita a causa dell'affondamento, causato dal cedimento strutturale del natante, la colpa è da attribuirsi al mare, a Poseidone o a chi, avendo la responsabilità del bambino, lo ha portato a bordo, molto probabilmente sapendo o comunque intuendo, che quel viaggio fosse altamente rischioso?
Pertanto trovo gravissimo, oltre che preoccupante, il fatto che il popolino del “restiamo umani” inciti all'odio e insulti una giornalista, Azzurra Barbuto: nelle ore successive la pubblicazione del suo articolo, in cui esprimeva la sua opinione in merito all'accaduto, il popolo politicamente corretto ha preso d'assalto i profili social della giornalista di "Libero" inviando messaggi altamente offensivi sia per la sua dignità di essere umano che di donna.
Matteo M, monzese, le dà dell'anoressica; Paolo B, di Magenta, impiegato presso un'associazione a delinquere di stampo assicurativo, oltre ad augurarle la perdita prematura di un suo futuro figlio, l'apostrofa, dandole della “persona dai facili costumi” ma in maniera meno elegante. Si aggiunge al coro anche una cantante il cui cognome è sintomo di ciò che procurano le sue canzoni. Seguono Elisabetta B. che la paragona a defecazioni e Mustfa D., senegalese ma residente in Abruzzo, che in nome della sua “religione di pace”, pregherà ogni giorno la sua divinità, affinché ella possa morire.
Non resta che complimentarci con questi esempi di umanità e soprattutto di tolleranza del loro pensiero a senso unico. Va bene “essere umani” ma il senso di responsabilità, anche genitoriale, deve prevalere.