Ciò che emerge dall’attuale crisi di governo è l’evidente crisi della democrazia parlamentare così come fu disegnata dalla Costituzione Italiana post bellica.
È dal 1970 che questo modello di governo del paese si è dimostrato inadeguato alla situazione politica italiana ed è il vero responsabile, con il continuo succedersi di governi di brevissima durata, del declino italiano: dal “miracolo economico” al debito pubblico, dal riconoscimento attribuito nel 1960 alla Lira Italiana dal Financial Times, come moneta più stabile, al cambio con l’Euro fissato nel 1999 a 1936,27 ed assolutamente sfavorevole.
Nessuno degli odierni partiti metterà mai in discussione questo modello di governo poiché il loro potere dipende proprio dall’instabilità.
Gli italiani hanno indicato la loro preferenza: un modello che si incarni nella fiducia ad un leader che per un certo tempo, direi quattro anni, realizzi il suo progetto politico. Saranno, poi, le urne a giudicare. Ha fatto bene? Allora rimane. Ha fatto male? Allora va a casa. Semplice, no?
Questa tendenza emerge dal seguito che alcuni leader, anche di schieramenti contrapposti, hanno avuto nell’opinione pubblica: Berlusconi, Monti, Renzi, Salvini e in fine Conte. Tutto ciò mentre i partiti andavano in crisi di consenso e di idee.
Forse Emmanuel Macron oggi non ha più un grande seguito politico in Francia ma, grazie al sistema semi presidenzialista, oggi guida la politica francese anche se il governo ha cambiato il primo ministro senza alcuna crisi istituzionale e rappresenta il paese a pieno titolo e con un’immagine solida anche nei rapporti internazionali.
C’è poi la questione europea, un accrocchio di trattati economici in cui si tratta sempre e solo di finanza. Non è di questo che ha bisogno una comunità che voglia rappresentare quella che è la culla della civiltà moderna. È nato tutto qui, dalla democrazia ai razzi per la luna. Serve un Europa politica, al limite fatta da chi ci sta come fu per la nascita degli Stati Uniti d’America. Si riunirono in 24 ma solo 9 firmarono l’accordo. Poco dopo si unirono altri 5 stati ma per arrivare a 50 ci sono voluti cento anni. La “potente” Presidente dell’UE Ursula von der Leyen non conta nulla nello scacchiere internazionale perché è una “commissaria”. Al G20 non è invitata perché non rappresenta nessuno stato, e quindi non rappresenta nulla! A rappresentare l’Italia manderemmo il simpatico Gasparri presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere? Certamente no!
Maurizio Fuglenzi per Casadeglitaliani