Lecce, quando la giustizia vince

Lecce, quando la giustizia vince

QUANDO LA GIUSTIZIA VINCE

In prima istanza, a Lecce, ha vinto la Giustizia, quella con la “G” maiuscola. Ha sconfitto, infliggendogli una condanna a 16 anni e 9 mesi, uno di quelli che gli italiani potrebbero definire “giustizieri”, cioè un ex Pm. Michele Nardi, questo il suo nome, che in pratica era accusato di “aver venduto” la giustizia a un imprenditore di Corato (Bari) invischiato in diverse vicende giudiziarie. E “venduta” a caro prezzo: viaggi all’estero, ristrutturazione di una villa per centinaia di migliaia di euro, regali costosissimi e altro ancora. Logicamente il “sistema” si basava anche su alcune complicità “trovate” nel commissariato di polizia di Corato (e i complici, a loro volta, hanno avuto la loro razione di pena). Il tutto era venuto alla luce un anno addietro in seguito alla denuncia dell’imprenditore sotto scopa e Nardi, a conclusione delle indagini predisposte dai suoi colleghi era stato arrestato. Oggi la prima sentenza.

Non è la prima volta che un magistrato si trova nella bufera, a testimonianza che, malgrado se ne voglia avallare ad oltranza la loro onesta linearità, sono umani e come tali soggetti alle mille tentazioni quotidiane, alle quali non sempre si sa resistere.

La vicenda Nardi mi fa tornare alla mente un episodio, con protagonista un magistrato, un Pm, avvenuto a Messina tanti anni addietro. Quella volta si trattò di una villetta, “regalo” di un costruttore. Regalo che poi si scoprì non tale, ma frutto di una “contrattazione” vera e propria per archiviare, come non reato, i risultati di un’inchiesta su terreni diventati edificabili che avevano favorito una colossale speculazione. Anche allora la Giustizia fece Giustizia.

E chissà quanti altri episodi. Compreso quello dell’ex Pm di Perugia, quel tal Palamara, che “giostrava” incarichi e trasferimenti dei colleghi, sfruttando la sua posizione nell’Associazione magistrati. Ma qui, a mio avviso, la Giustizia si è concessa una “vacanza”. Palamara, infatti, invece di finire sotto processo, è stato espulso dalla magistratura. Soltanto in questi ultimi giorni si è saputo che nove magistrati (i cui nomi sono coperti dal segreto) che avevano avuto a che fare con lui sono stati sospesi dalle funzioni, ma il fatto che il Csm abbia disposto l’espulsione dell’ex Pm senza processo ha fatto sì che la vicenda finisse sotto silenzio, con una spada di Damocle sul capo dello stesso magistrato: come a dire “Attento, se parli puoi avere grossi guai”.  Insomma la giustizia (questa volta con la minuscola) ha sconfitto la Giustizia, quella con la maiuscola.

Queste ed altre vicende, però, sollecitano una vera riforma della magistratura, quella riforma da sempre avversa dai togati, specie da quelli che potrebbero inquadrare il loro ruolo in una posizione di potere e non di servizio allo Stato; specie fra quelli (e potrebbero essercene) che intendono tenere sotto scacco la politica, facendo assurgere il loro ruolo oltre a quelli legislativo ed esecutivo. Sono i risvolti, nel tempo, di “Mani pulite” e del “tintinnar di manette”?

Lo dirà il tempo, ma è pur vero che certe inchieste su personaggi politici assumono le caratteristiche della giustizia ad orologeria e la qual  cosa, per rendere merito agli stessi magistrati, deve essere superata. Non può, il magistrato, essere visto come colui che, al di sopra della volontà popolare, picchia duro facendo gli interessi di questo o quel partito politico. E tutto questo porta alla considerazione popolana che forse è meglio un magistrato che ricatta pro domo propria piuttosto che un togato che desidera realizzare un colpo di stato servendosi della giustizia (con la minuscola). Ma, ne sono certo, saranno gli stessi magistrati a correggere gli errori di comportamento giudiziario che dovessero presentarsi sulla strada della G maiuscola.

Gaetano Messina