Dalle esplorazioni polari al raid dei tre continenti

Le imprese di viaggio del Duca Amedeo D’Aosta e del suo amico Enzo Bartone

Dalle esplorazioni polari al raid dei tre continenti

Sono trascorsi venti anni da quando, era esattamente l’aprile del 2001, la Croce Astile partita dalla Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme e benedetta da Papa Giovanni Paolo II a Città del Vaticano giunse al Polo Nord venendo piantata proprio nell’esatto punto geografico che lo determina. Fu l’amministratore delegato dell'Opera romana pellegrinaggi (Orp), Monsignor Liberio Andreatta, ad officiare una Santa Messa nel giorno di Pasqua di quell’anno su un altare di fortuna approntato sul pack polare dove il bianco bagliore dei ghiacci accecava i partecipanti alla missione artica. Tra i circa cinquanta membri che sfidarono i -33° di media sferzanti in quei giorni della spedizione spiccavano i nomi, oltre che del monsignore delegato del Papa, del celeberrimo showman Mike Bongiorno, del “maestro di sci di Giovanni Paolo II” Lino Zani, del Duca d’Aosta Amedeo di Savoia e del suo storico compagno di viaggi ed avventure nei diversi continenti Enzo Bartone.

Proprio questi ultimi due, considerati viaggiatori estremi da molti, sono stati protagonisti di alcuni progetti rimasti nella leggenda ed a metà tra l’impresa sportiva e l’avventura di viaggio.

Il motivo principale per il quale fu organizzata la spedizione del 2001 al Polo Nord fu la ricorrenza di quella svoltasi a bordo della baleniera “Stella Polare” un secolo prima, a cavallo tra il 1899 ed il 1900, dal Duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia prozio di Amedeo Duca d’Aosta. La spedizione celebrativa del 2001, seguita mediaticamente dalle reti Mediaset che inviarono tra i partecipanti appunto Mike Bongiorno, partì dal villaggio di Khatanga, uno degli insediamenti abitati più settentrionali della Russia ed ubicato all’estremo nord della Siberia centrale nel Territorio di Krasnojarsk. Per via aerea il gruppo, dopo qualche giorno di acclimatazione e di festa per la popolazione locale non avvezza a degli stranieri, raggiunse la base della Società Geografica Russa di Campo Barneo, l’avamposto più vicino al Polo Nord geografico che, per via dell’oscillazione terrestre, varia di alcuni gradi ogni anno e mezzo circa. Con gli sci ai piedi i membri della spedizione raggiunsero poi il “Vero Nord”, il mitico 90° parallelo.

Campo Barneo, ubicato nel mezzo del Mar Glaciale Artico, negli ultimi anni è diventata una meta turistica per pochi e facoltosi viaggiatori che vogliono vivere l’atmosfera dell’incontaminata distesa di ghiaccio del Polo e si avventurano per questo in spartani charter che da Longyearbyen, il capoluogo delle isole Svalbard, li trasferisce alla base artica. I partecipanti alla missione italiana del 2001 furono il primo gruppo di stranieri che raggiunse il campo russo, essendo questo stato istituito nel 2000 ed avendo poi aperto ufficialmente nel 2002. La missione italiana, a conclusione della stessa, fu accolta nel Museo dell’Artico e dell’Antartico di San Pietroburgo, polo museale unico al mondo con sezioni dedicate sia al Polo Nord che al Polo Sud.

I due viaggiatori di lungo corso Amedeo di Savoia-Aosta ed Enzo Bartone ebbero anche il piacere di conoscere il professore Bernard Buigues il quale mostrò ai due italiani Yarkov l’unico esemplare di mammuth al mondo, morto si calcola 20.380 anni fa e ritrovato totalmente intatto nel 1977 tra i ghiacci siberiani della penisola di Taymir, non lontano proprio dal villaggio di Khatanga.

Dopo aver toccato l’estremità nord del globo terrestre, Enzo Bartone provò anche l’ebbrezza di calcare la banchisa del Polo Sud, recandosi per il Natale dello stesso anno 2001 in Antartide. Una volta raggiunto il campo base di Punta Arenas, città della Patagonia cilena di fronte l’arcipelago della Terra del Fuoco, attraversò comunque lo Stretto di Magellano ma per alcune difficoltà legate alle condizioni metereologiche fu costretto, insieme ai suoi compagni di viaggio, a cambiare i piani originari della spedizione. Il gruppetto, comunque, riuscì a raggiungere la base antartica cilena intitolata al “presidente Eduardo Frei Montalva”, ubicata sulle isole Shetland Meridionali. Nello stesso anno Bartone riuscì quindi a coronare il sogno di molti girovaghi, visitare i due poli del mondo.

Il Duca d’Aosta ed Enzo Bartone hanno sempre dimostrato una certa passione per le estremità terrestri tanto da aver organizzato, in precedenza, altre imprese con come luogo di partenza e punto di arrivo due capi geografici.

Nel giugno 1970 si misero in viaggio per il “Raid dei Tre Continenti”, un lungo percorso in auto attraverso Africa, Asia Minore ed Europa. 27.681 chilometri con partenza da Punta del Capo nella Repubblica Sudafricana, di qualche centinaio di metri più a sud del Capo di Buona Speranza, per raggiungere Capo Nord in Norvegia, distanza che fu coperta in esatti cinquanta giorni di viaggio. Per l’occasione al Duca e a Bartone, insieme ai loro altri quattro compagni di avventura, furono ufficialmente assegnate tre vetture Fiat 124 Special alle quali l’azienda torinese aggiunse portabagagli sui tettucci dove vennero sistemate le taniche di benzina supplementare, pale, picozze e picconi indispensabili per affrontare le piste della savana africana. Ovviamente i due si misero alla guida di una vettura a testa lasciando la terza agli altri partecipanti della spedizione.

Città del Capo, Johannesburg, Livingstone, Lusaka, Mombasa, Nairobi, Addis Abeba, Asmara, Abadan, Teheran, Tabriz, Ankara, Istanbul, Salonicco, Belgrado, Trieste, Monaco, Amburgo, Copenaghen, Stoccolma, Umea, Rovaniemi, Capo Nord, le tappe del raid.

Venti gli Stati dell’epoca percorsi, considerando che oggi alcuni di questi hanno cambiato nome o sono stati smembrati, ed un trasferimento aereo da Asmara in Eritrea ad Abadan in Iran dovendosi bypassare l’Arabia Saudita per via di situazioni politiche complesse. Si era infatti alle battute finali del cosiddetto “conflitto d’attrito” in corso in quegli anni tra Israele ed Egitto per il controllo del canale di Suez e con il mar Rosso di conseguenza impegnato in operazioni navali militari.

Ma gli intoppi burocratici non mancarono comunque.

Al confine in entrata verso l’Etiopia, dopo esser usciti dal Kenya, restarono bloccati per alcuni giorni in frontiera per un problema inerente i visti d’ingresso. Verranno però ripagati dall’esser ricevuti ufficialmente dall’Imperatore d’Etiopia il Negus Hailè Selassiè nel palazzo imperiale di Addis Abeba.

Il Negus nonché Messia della religione Rastafariana nutriva una certa ammirazione per l’”eroe dell’Amba Alagi” Amedeo di Savoia-Aosta, omonimo zio del Duca organizzatore del viaggio, che era stato Vicerè d’Etiopia ed ultimo Comandante ad arrendersi con i suoi uomini sull’altopiano dell’Amba Alagi ad inglesi ed etiopi.

Nel campo delle curiosità ricade il fatto che dopo anni di rapporti politici instabili dovuti proprio al fatto che l’Etiopia fu una colonia italiana e Selassiè uno dei leader della guerra d’indipendenza dall’Italia, in seguito all’incontro avvenuto a luglio con i sei membri del “Raid dei Tre Continenti”, il Negus venne nel novembre successivo in visita ufficiale in Italia dove fu ricevuto dall’allora Presidente della Repubblica Saragat.

Giorni dopo, durante la tappa di Teheran, il gruppetto di viaggiatori italiani ricevette un altro invito ufficiale. Questa volta fu lo Scià di Persia Reza Pahlavi a salutarli nella sua dimora di Stato.

Le difficoltà, nel Corno d’Africa soprattutto, dettate dalla mancanza di strade, dai corsi d’acqua da guadare su ponti di legno approntati al momento, dalla sabbia, dalla vegetazione, dai massi che spesso ostruivano il passaggio, dagli animali come l’aquila che sfondò il parabrezza di una delle autovetture in Kenya o incontri ravvicinati con leoni, ghepardi ed elefanti, a qualche immancabile guasto tecnico, fecero del “Raid dei Tre Continenti” un antesignano del Camel Trophy, la competizione per fuoristrada nata poi solo nel 1980.

Le storiche Fiat 124 S che affrontarono il “Raid dei Tre Continenti” furono al termine dell’impresa trasposte in modellini in scala diventati oramai pezzi rari per collezionisti mentre una autovettura originale delle tre si trova ancora oggi esposta in bella mostra al Museo delle Auto Storiche della Fiat a Torino.

Terminato con successo il raid transcontinentale il duo Savoia – Bartone non si ferma e tra un viaggio e l’altro si mette al lavoro per pianificare la successiva impresa automobilistica il “Raid dei Due Capi”.

E’ il febbraio del 1973 quando dal punto geografico più a sud dell’Italia continentale, il faro di Capo Spartivento in Calabria, a bordo di due Lancia Beta si misero in viaggio verso Nordkapp in Norvegia, quel Capo Nord che solo due anni prima avevano raggiunto provenendo dal Sudafrica. Ma se nel 1970 percorrere la distanza da Trieste a Capo Nord in piena estate e dopo le peripezie affrontate in Africa risultò quasi un viaggio di piacere, questa volta guidare in inverno con la neve e le strade ghiacciate si rivelò avventuroso. Soprattutto nell’itinerario tra Svezia, Finlandia e Norvegia. Le due vetture Lancia Beta, con l’aggiunta del solito portabagagli sul tettuccio e di fari antinebbia, raggiunsero in soli quattro giorni ed a tappe forzate il punto più a nord d’Europa. Accompagnati da altri quattro componenti, tra i quali un inviato di Gente Motori che seguì l’impresa, i due instancabili guidatori testarono al massimo delle loro capacità le due Lancia viaggiando anche di notte e con tappe di svariati chilometri senza soste. Come quella di rientro verso Ginevra. Ventotto ore di viaggio per arrivare in tempo alla celebrazione dell’impresa appena effettuata al Salone Automobilistico più prestigioso dell’epoca. Anche perché il modello Beta fu presentato ufficialmente al pubblico ed alla stampa proprio in quell’occasione, il 14 marzo 1973.

L’inviato di Gente Motori, nella sua cronaca del tempo, si descrisse come “rapito” dal Duca d’Aosta e da Enzo Bartone essendo i due “dei guidatori instancabili e temerari su quelle strade ghiacciate”.

I due amici viaggiatori nel corso degli anni hanno comunque effettuato, insieme o con altri compagni, viaggi meno avventurosi ma non per questo meno adrenalinici, annoverando esperienze in Sud America, nuovamente in Africa con i suoi deserti, sulla mitica tratta ferroviaria della Transiberiana, nelle steppe della Mongolia, in Oceania, nell’allora Unione Sovietica, attraversando gli States on the road e coast to coast sia in auto che in treno.

Ed i progetti di nuove imprese non sono mai terminati per i due.

Erano gli anni ’80 quando provarono ad organizzare il raid celebrativo di quello svoltosi nel 1907 sulla tratta Pechino - Parigi e poi attuato però da altri nel 2007.

Ed è ancora in piedi la vecchia idea che li attanaglia da tempo e preventivata ben prima delle spedizioni Overland di Beppe Tenti svoltesi dagli anni ’90 in poi in collaborazione con la Rai.

Il tarlo è quello cioè di mettersi di nuovo alla guida di due autovetture partendo dal punto più a nord dell’Alaska per raggiungere la “città più meridionale del mondo” Puerto Williams in Cile, poco più sotto della Terra del Fuoco.

Nonostante la non più giovane età la passione per il viaggio e le estremità terrestri di Enzo Bartone e del Duca Amedeo di Savoia-Aosta sono rimaste sempre fortemente intense.

LUCA PINGITORE