Antonio Terraneo vittima della malagiustizia

“Tutto è passato in giudicato, le varie diffide inviate sono cadute nel vuoto”, conferma l'avvocato Mauro Cimino.

Antonio Terraneo vittima della malagiustizia

Risale a sole tre settimane fa l'indagine della Cgia di Mestre secondo la quale lo Stato ha provveduto a saldare soltanto 2 dei 12 miliardi dovuti ai creditori privati, fregandosene ampiamente se la scadenza delle fatture data 31 dicembre 2019 e se l'Ue ha più volte condannato il mancato rispetto dei 60 giorni come tempistica ineludibile per sistemare i conti con i cittadini.

Secondo gli ultimi dati Eurostat, “i debiti commerciali di sola parte corrente delle PA italiane sono aumentati dai 44 miliardi del 2016 ai 47,4 miliardi dell'anno scorso” e basterebbe questo per far scattare sommosse.


Il caso che vi raccontiamo oggi gravita attorno a cifre più contenute eppure vitali, nel senso stretto del termine, e incide pesantemente sulla sopravvivenza quotidiana di un italiano che lo Stato sta sbeffeggiando da quasi venti anni. Ci tocca da vicino perché la vittima della malagiustizia è Antonio Terraneo, stimato collaboratore di questo quotidiano, a cavallo degli anni 90 e 2000 uno dei più quotati e apprezzati giornalisti ippici del nostro Paese, una delle voci che più da vicino e appassionatamente ha raccontato l'epopea di Varenne, il più grande trottatore di tutti i tempi, tanto che, il 7 marzo del 2001, Terraneo
veniva nominato direttore di Unire Tv, il canale tematico che si occupava di tutto il movimento e faceva capo al Ministero dell'Agricoltura, oggi presieduto da Teresa Bellanova che, leggendo queste righe, immaginiamo non possa restare indifferente.
Quell'incarico, della durata di due anni, è stato però interrotto univocamente il 28 dicembre successivo dall'allora Commissario Straordinario dell'Unire con motivazioni di “incompatibilità”. Il ricorso intentato da Terraneo ha trovato riscontro positivo nella sentenza (18217) del Tribunale del lavoro di Roma datata 2009, che obbligava l'Unire (al quale nel 2012 è subentrato il Ministero), a risarcirlo per le retribuzioni non pagate, per quelle che gli sarebbero spettate fino a fine contratto e per il danno di immagine poiché “non era stato ravvisato alcun genere di incompatibilità”.


L'Unire ha presentato appello, ne è stata accolta parzialmente solo l'inibitoria (la Corte di Roma, in sede, per dir così, cautelare, ha imposto provvisoriamente che l'Unire pagasse solo la metà della sorte di condanna di primo grado) mentre è stato accolto in toto l'appello incidentale di Terraneo, il
28 febbraio 2013 (sentenza numero 9031). Perciò, uscendo dal burocratese, Terraneo vanta nei confronti dello Stato un credito che supera abbondantemente i 100mila euro sorto nel 2001, riconosciuto con sentenza di primo grado nel 2009 e con sentenza di secondo
grado nel 2013.
“Tutto è passato in giudicato, le varie diffide inviate sono cadute nel vuoto”, conferma l'avvocato Mauro Cimino
che sta seguendo il caso, lo Stato tuttavia non mette mano al portafoglio per chiudere i conti, fare giustizia e, in questo caso, provvedere letteralmente a riportare la luce nella vita del nostro collega.
Nel frattempo, infatti, le vicende personali di Antonio sono precipitate. Poco più di due anni fa è stato colpito
da un tumore per il quale è stato sottoposto a un'operazione invasiva, quel cancro e altre complicanze lo hanno reso invalido al 67% e lo costringono a costose cure farmacologiche per le quali i soldi stanno finendo. A questo si sommano i lutti personali per la scomparsa ravvicinata del fratello in un tragico incidente domestico e dell'anziana madre, consumata dal dolore poche settimane più tardi.

Terraneo ha deciso di rendere pubblica la propria situazione con un atto di grande dignità, la stessa che lo sta costringendo a svendere le proprie proprietà personali per racimolare i soldi con i quali curarsi e sopravvivere. Letteralmente. In più, non può accedere all'eredità lasciatagli dalla madre perché non ha la possibilità economica di aprire un conto corrente con almeno 4.020
euro a garanzia delle tasse dovute su un'abitazione ubicata a Riccione. Le regole, ridicole, sulla successione lo impediscono.


“O mi pagano o non vado avanti, c'è solo la Fede che mi sostiene. Però forse sarebbe la volta buona che, al posto di Gesù, su quella croce salisse Barabba”, si sfoga amaro Antonio, mentre ci invia una lettera vergata a mano (“il Mac che avevo l'ho dovuto dar via, non ho i soldi per arrivare a fine anno”), citando Battisti e le parole di “Emozioni”: “Domandarsi perché quando cade la tristezza, in fondo al cuore, come la neve non fa rumore”.