Testimoni di giustizia, accelerare sulla normativa

eventuale assunzione nella Pubblica Amministrazione, di coloro che  abbiano determinati requisiti

Testimoni di giustizia, accelerare sulla normativa
avv. Verni

OCCORRE ACCELERARE SULLA NORMATIVA RIGUARDANTE I TESTIMONI DI  GIUSTIZIA 

<<La pubblicazione, finalmente, nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 21 dicembre, del Regolamento  in materia di assunzione dei testimoni di giustizia in una pubblica amministrazione, ai sensi  dell’articolo 7, comma 1, lettera h) , della legge 11 gennaio 2018, n. 6”, costituisce un ulteriore  piccolo, grande passo in avanti nella lotta alle mafie, in un momento di ancor più grave pericolo per  il nostro tessuto sociale, dovuto alla pandemia sanitaria legata al Covid-19>>

Cosi l’avvocato Marco Valerio Verni, portavoce dell’associazione Sostenitori dei Collaboratori e  Testimoni di Giustizia, impegnata già da diverso tempo nella lotta alla mafia, che continua: <<Come  noto, la citata legge del 2018 ha inteso procedere ad una radicale riforma della protezione dei  testimoni di giustizia, superando le ambiguità della precedente disciplina in materia, dettata dal  decreto legge n. 8 del 1991 e dalla legge n. 45 del 2001, legate, in primis, ad una inopportuna sovrapposizione tra la figura del testimone di giustiziae quella del “collaboratore di giustizia”, attraverso una definizione precisa e stringente delle suddette con un conseguente netto distinguo. Il  tutto accompagnato da una puntuale previsione riguardo al sostegno economico, il reinserimento  lavorativo ed i percorsi personalizzati, che tengano conto dei rischi e dei contesti familiari, con  l’intento di consentire a questi soggetti “vulnerabili” di continuare a vivere nei loro luoghi d'origine  senza rinunciare alla propria qualità di vita. 

Tra questi ultimi, anche l’eventuale assunzione nella Pubblica Amministrazione, di coloro che  abbiano determinati requisiti, qualora tutti gli altri strumenti, tendenti alla reintegrazione, si siano  rilevati impraticabili. 

Certo, ancora una volta, occorre assistere alla lungaggine dell’iter normativo che, già piuttosto  laborioso nella sede parlamentare, deve poi, in alcuni casi, affrontare quello- spesso ignorato o  sottovalutato- della necessaria implementazione ad opera di ministeri e agenzie pubbliche, se solo si  consideri che, l’atto di partenza, sia costituito da un disegno di legge del 2015. Occorre,  evidentemente, essere più veloci, perché la guerra alla mafia deve avere la priorità e, dunque,  l’auspicio è che ora si proceda in tempi celeri al perfezionamento di tutti gli altri punti della legge  in questione, rimasti ancora in sospeso, tra cui quello riguardante il cambio delle generalità e  l’istituzione della figura del c.d. referente, così come si dedichi attenzione alla altrettanto importante  tematica afferente alla protezione ed alla qualità di vita dei familiari dei collaboratori di giustizia,  della quale, ad esempio, la vicenda di Marcello Bruzzese, della cui uccisione è ricorso il triste  “anniversario” proprio in questi giorni, può considerarsi tra i moniti più clamorosi.

Un dovuto riconoscimento per il lavoro svolto, all’allora senatore Luigi Gaetti, primo firmatario del  suddetto (disegno di legge), e principale redattore, successivamente, dello stesso decreto attuativo,  in veste di sottosegretario all’Interno>>.