Ilaria Alpi da non dimenticare
Ilaria Alpi si trovò ad operare come giornalista in questo contesto difficile non solo per gli scontri tra le fazioni in rotta di collisione tra loro e il contingente ONU, ma anche e soprattutto per le manovre politiche di quanti prendevano tangenti coi loro traffici.
Ilaria Alpi (Roma, 24 maggio 1961 – Mogadiscio, 20 marzo 1994) è stata una giornalista e fotoreporter italiana del TG3, assassinata a Mogadiscio insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin.
Diplomatasi a Roma, conosceva tre lingue: arabo, francese e inglese e questo le consenti di ottenere le prime collaborazioni con giornalistiche dal Cairo per conto di Paese Sera e de l'Unità. Successivamente vinse una borsa di studio per essere assunta alla Rai.
La Somalia era dominata da un dittatore, Siad Barre, che negli anni '80 aveva un grande seguito in Somalia, ma nel nord, il suo consenso venne dopo aver resa gratuita l’assistenza sanitaria, l’educazione scolare e decretata l’uguaglianza di tutti i cittadini.
La sua politica contro il nord del paese, diventò così pesante, tanto che il suo operato viene ricordato come l’Olocausto di Hargeisa, che è l’attuale capitale del Somaliland, uno Stato di fatto indipendente ma la cui indipendenza non è riconosciuto dalla comunità internazionale.
In questo contesto, come avvenuto in altri paesi dell'Africa gli stati occidentali tra cui anche Italia e America, avevano buoni rapporti, ma la situazione precipitò tanto da costringerlo alla fuga nel 1991: il vecchio leader pronunciò una frase davvero profetica: “Dopo di me, la Somalia non sarà mai più governabile”.
La giornalista del Tg3 segue la missione di pace Restore Hope, coordinata dall’Onu, per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991 dopo la caduta di Siad Barre. (RAI CULTURA)
Di che tipo di missione di trattava? Di UNITAF (Unified Task Force identificata anche con Operazione Restore Hope) fu una missione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, allo scopo di stabilizzare la situazione in Somalia, a fronte di un crescente stato di caos e di grave carestia.
Entriamo nel merito della questione: il 3 dic.1992 le truppe di forze armate statunitensi entrano in Somalia; seguite, sempre sotto il mandato ONU, nei giorni successivi da truppe di Italia, Belgio, Nigeria, Malaysia, Pakistan, India, Emirati Arabi Uniti, Australia, per aiutare la popolazione che era succube delle fazioni in lotta che ottenevano fondi per armarsi con traffici illegali come droga e rfiuti tossici.
I marines americani distrussero oltre 1200 tonnellate di armi, tanto per quantificare quanto fossero diffuse le armi.
Gli italiani era comunque ben visti rispetto ad altri contingenti ( non parliamo dei ribelli armati): il 2 febbraio anche i paracadutisti della Folgore subirono attacchi nella regione del Medio Scebeli. Tra gli incarichi ricevuti da ITALFOR ci fu quello di formare la nuova polizia somala, compito effettuato da unità dei carabinieri.
Ilaria Alpi si trovò ad operare come giornalista in questo contesto difficile non solo per gli scontri tra le fazioni in rotta di collisione tra loro e il contingente ONU, ma anche e sopratutto per le manovre politiche di quanti prendevano tangenti coi loro traffici.
In precedenza era sparito persino il sottufficiale del SISMI Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano.
E arrivo anche la fine di Alpi e Hrovatin, che furono uccisi in prossimità dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, il motivo dell'uccisione potrebbe essere dovuto all' intervista del cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre.
Vicende oscure e opache con la presenza di politici italiani, servizi deviati e magistrati che si muovono in maniera diversa:
«Se la ragione per cui l'inchiesta mi è stata sottratta non è il contrasto tra me e De Gasperis, allora dev'essere un'altra: una ragione occulta. E ciò che è segreto, e incide su un'inchiesta giudiziaria per un duplice omicidio pregiudicando l’accertamento delle responsabilità, non può che allarmare.» |
(Dott. Giuseppe Pititto, intervista a Famiglia Cristiana, 23 aprile 2000) |
Inchieste che passano di mano in mano per chissà quali pressioni indicibili ..
il 9 luglio 2018 ci fu pure una richiesta per una commissione d'inchiesta e altri collegamenti:
"il caso del Moby Prince, dove nel 1991 morirono bruciate 140 persone e sul quale Ilaria Alpi, poco prima di morire, aveva cominciato a far luce trovando in terra somala alcuni collegamenti con la strage avvenuta davanti al porto di Livorno." e in seguito la Corte di appello di Perugia, il 19 ottobre 2016, a conclusione del processo di revisione, assolve l'unico condannato, il somalo Hashi Omar Hassan.
Non manca e non stupisce la pista italiana: L'incartamento è stato trasmesso alla procura di Roma dalla Procura di Firenze e riporta alcune conversazioni tra soggetti somali che, in Italia, parlavano dell'agguato che è costato la vita alla giornalista e all'operatore. E fa parte di un procedimento slegato dal caso Alpi, ma relativo a un traffico di camion dismessi dell'Esercito italiano verso la Somalia. «L'hanno uccisa gli italiani»: così avrebbero detto due somali intercettati dalla guardia di Finanza durante un'inchiesta della polizia tributaria di Firenze.
E non manca, come ci aspetta in questi casi, anche un relazione del SISDE del 1997 che cita «una fonte confidenziale», ma come al solito ci si avvicina e allontana dalla verità, in una Commissione d'Inchiesta Il presidente Taormina dichiarò anzi che i due giornalisti uccisi «erano in vacanza in Somalia, non stavano conducendo nessuna inchiesta: la Commissione lo ha accertato».
Nel 2014 la presidente della Camera Boldrini desecretò i documenti del Sismi del 1994 che confermano i risultati delle tante inchieste giornalistiche svolte negli anni e cioè che: «Ilaria Alpi è stata uccisa perché indagava su un traffico di rifiuti e armi. I mandanti vanno ricercati tra militari somali e cooperazione». Pag. 4 e una nota del 1996 venne infine indicato come possibile mandante il generale Aidid, signore della guerra somalo, utilizzatore finale del traffico d'armi che Ilaria avrebbe scoperto.
Tra le tante ipotesi di depistaggio è saltato fuori pure un contatto con Gladio, visto che LI CAUSI ne faveva parte "Si è ipotizzato che il Centro Scorpione, dove operavano agenti dei servizi segreti di Gladio, ricevesse armi dalla Società Oto Melara di Finmeccanica a La Spezia, e che queste armi siano state inviate in Africa, dove operava la stessa organizzazione Gladio, dall'aeroporto di San Vito Lo Capo con un aereo ultraleggero non visibile ai radar."
In conclusione come per tante, troppe, vicende italiane, ci sono strani intrecci dovuti a soldi a politici, che fanno il bello e il cattivo tempo, riuscendo a far deviare processi all'infinito con coperture da parte di apparati dello Stato che tutelano i loro "padrini" politici invece degli interessi della Patria.
Percorsi difficili e pericolosi per chi si mette a investigare, sparizioni e deviazioni di inchieste che ancora si susseguono, il caso Palamara insegna.