Calabria, Teresa Merante non vuole essere la cantante della malavita

Calabria, Teresa Merante nega ogni addebito, i sindacati di Polizia fanno la richiesta di «accertare se tali condotte possano ricondurre a fattispecie di reato, quali ad esempio l’istigazione a delinquere, ovvero ogni altro reato che dovesse essere accertato».

Calabria, Teresa Merante non vuole essere la cantante della malavita

Curioso ma fino a un certo punto il caso della cantante,  Teresa Merante, che ha dichiarato che non vuole essere la cantante della malavita.

Nel suo profilo si vedono e ascoltano musiche e canti che ripercorrono vecchi adagi, che ai tempi nostri lasciano intendere a chi combatte la Mafia, una sorta di vicinanza o comunque di celebrazione di modi di vivere particolari: " noi siamo i latitanti piu' potenti", una delle frasi in un pezzo che lei ha condiviso. Piango la galera, piango la Madonna, ma anche il ricordo della mamma ricordata.

Dalla Calabria passa pure alla Sicilia con un video molto visto, 87000, con la storia di Toto' Riina; " sperando che torni presto in libertà", descrive il dolore della figlia per il padre, " ha combinato tanti guai" afferma nel suo canto la Merante.

Racconta la latitanza di Riina, e " fu assolto pure a Catanzaro", questo invece è un passaggio inquietante su cui occorrerebbe riflettere.

"toto' u curtu era il piuì temuto", un'altra frase emblematica, " fu incastratu" dai pentiti.

Ognuno è libero di pensarla come vuole ma forse sarebbe il caso di celebrare altri personaggi che hanno fatto del bene, inventori, scopritori, scienziati di cui invece non si ricorda nessuno o quasi.

Lei di difende così: "nulla ha mai avuto a che fare con la criminalità organizzata. Non accetto di essere etichettata come la cantante della malavita in Calabria. Le mie interpretazioni in musica sono state canzoni d’amore, d’aggregazione, di allegria sulle bellezze della Calabria e anche sul canto di malavita che fa parte della trazione popolare calabrese fin dagli anni Settanta”.

Altri politici e sindacati di polizia che invocano l'intervento di Gratteri, non la pensano come lei, come riporta l'agenzia AGI:

Non la pensa così il sindacato di Polizia Coisp. "Stiamo preparando - annuncia il segretario Domenico Pianese - attraverso l’avvocato Carmen Di Meo del Foro di Roma, che si è messa a completa disposizione, un esposto alle Procure della Repubblica di Roma e di Reggio Calabria nei confronti della cantante calabrese Teresa Merante per istigazione a delinquere. I suoi brani, compreso 'U latitanti', non solo inneggiano alla peggiore forma di delinquenza, ma sono un vero e proprio pugno allo stomaco per chi, come gli appartenenti alle Forze dell'Ordine, lavora ogni giorno rischiando la vita per estirpare dal Paese il cancro della criminalità organizzata".

Secondo Pianese, "questa signora, che si definisce cantautrice, è interprete di una canzone che inneggia ai latitanti della 'ndrangheta e alle loro attività mentre invita a 'sparare a tutta forza' contro i poliziotti, definiti 'brutta cumpagnia' e pezzenti. Nel suo 'curriculum' musicale infatti non ci sono che brani di questo tenore. Ciò che allarma, dunque, è che sui social questa sedicente artista abbia un seguito di quasi 90mila persone e che influenzi con i suoi messaggi devianti una grossa fetta dell'opinione pubblica. Proprio per questo, segnaleremo anche ai social network di intervenire per censurare questi contenuti che istigano alla violenza e all’odio sociale”.   

Giuseppe Brugnano, consigliere comunale di San Luca (RC) e segretario nazionale del sindacato di Polizia FSP, e Saverio Simone Puccio, giornalista e consigliere comunale di Botricello (Cz), hanno già presentato un esposto al procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, per chiedere di accertare eventuali fattispecie di reato, tra l’altro l’istigazione a delinquere, nei  brani della cantante folk Teresa Merante. Nei testi, fanno notare, "si riscontrano frasi raccapriccianti". Ne citano alcune: "Chissa è la Polizia, sparati a tutta forza a sta brutta compagnia”; “non aviti paura, su quattru pezzenti, nui simu i latitanti”; “sbirro traditore”; “due giudici erano contro (a Totò Riina) e arrivò il loro giorno… li fece uccidere senza pietà (Falcone e Borsellino)”».